Beyoncè regina indiscussa alla 65esima edizione dei Grammy Awards a Los Angeles; è l’artista più premiata della storia dei Grammy con 32 riconoscimenti, 88 nomination. Quattro le statuette che si è aggiudicata, miglior dance/electronic, Recording per Break my soul, Best Traditional R&B, Performance per Plastic Off the Sofa, Best R&B Song per Cuff It e Best Dance Electronic Album con Renaissance.
Ha dedicato il premio a suo marito Jay Z, alla comunità queer per il loro amore e per aver inventato questo genere musicale.
Il presentatore l’ha definita The Goat, acronimo di Greatest of all time, cioè la migliore di tutti i tempi. Ma Beyoncè è anche attrice e stilista, impegnata nel sociale, con numerose iniziative a vantaggio della situazione degli afroamericani in America, alla povertà, dal sessismo, ai diritti delle donne e della comunità Lgbtq+.
La sorpresa della cerimonia, poi, è stata l’americana Samara Joy, vincitrice due volte come migliore artista esordiente, la stessa categoria nella quale correvano i Maneskin e come miglior album jazz vocale. La Joy vanta milioni di like su Tik Tok e ha rinverdito il jazz tra i giovanissimi.
Kim Petras, poi, prima donna transgender a vincere una statuetta, è stata giudicata la migliore performance di un duo/gruppo pop insieme a Sam Smith per la canzone Unholy.
Ozzy Osbourne ha vinto il Best Rock Album e nella categoria Best Metal Performance. Per la prima volta i Grammy hanno reso omaggio all’hip hop, genere trascurato sino ad oggi, con un contributo alla musica nera e Baraye, inno delle proteste in Iran, ha vinto il primo Grammy per la canzone che ispira il cambiamento sociale nel mondo.
Di Lorenzo Tiezzi
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