Definito una forza visionaria e anticipatrice dei tempi, Damiano Spelta rifugge dal seguire pedissequamente i dettami tecnici e filosofici di correnti artistiche precostituite. Egli guarda la realtà semplicemente attraverso la lente della sua arte, a volte ironica e quasi spensierata, come nella poltrona The tongue, altre volte carica di valenze simboliche e denuncia nei confronti di una società reputata materialista, come nell’opera Protagonismo. In mostra allo Spazio White Star Adventure, è un mondo di curiose contraddizioni quello di Damiano Spelta. In esso le forme geometriche si alternano alle linee morbide di un peluche e alle tensioni curvilinee della tela. Qui trovano spazio sia una divertita leggerezza sia la presa di coscienza di un problema.
Cosa ami rappresentare nelle tue opere? Esiste un soggetto o un tema in particolare che ti piace riprodurre?
“Per la verità no. Mi lascio più guidare dall’istinto e dalla passione, che a volte mi inducono a lavorare in orari improbabili, nel cuore della notte o nelle prime ore del mattino. Non è facile conciliare lavoro e vita privata, così mi capita di portare in laboratorio i miei tre bambini. In questo modo passo un po’ di tempo con loro ed è divertente guardarli mentre, armeggiando con la mia attrezzatura, s’improvvisano piccoli artisti.”
Un precursore dei tempi. Ti riconosci in questa definizione che ti è stata attribuita?
“Non bado troppo alle definizioni e in generale non mi piace avere vincoli di alcun genere. I miei quadri si chiamano Libertà d’espressione proprio per esemplificare il concetto del libero fluire della creatività, senza imposizioni. Li realizzo su una base di tela e impiego anche materiale di scarto, come bottoni, giocattoli, piccoli pezzi di rame, magari ripescati da cumuli di oggetti dimenticati.”
Appurato il fatto che non ti piace seguire sic et sempliciter le tendenze accademiche, c’è qualche corrente artistica che ti piace e a cui in qualche modo fai riferimento?
“La Pop Art sicuramente, ma anche la Mec Art. Tra gli esponenti di quest’ultimo movimento ammiro soprattutto Gianni Bertini, un artista che, a mio avviso, ha trovato il primo vero riconoscimento del suo talento negli anni in cui si è trasferito a Parigi.”
Tra le tue opere c’è un lavoro a te particolarmente caro? In che punto del tuo iter artistico pensi di trovarti?
“Mi piace ricordare Protagonismo, un’opera nella quale si intuisce fin dove, a volte, l’uomo è in grado di spingersi a causa del “dio denaro”. Penso di essere in una fase in cui ho ancora tanto da dare al mondo del design e non credo di esagerare nel dire che fin ora ho realizzato solo l’1% di ciò che ho in mente. Avverto un continuo fermento creativo e spero di avere tutto il tempo per realizzare ogni mio progetto.”
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