Dorando Giannasi è il fondatore del chiosco di pollo allo spiedo più famoso della città (per molti anche il più buono), in piazza Buozzi. Con la bella stagione ogni giorno se ne vanno oltre 700 volatili, interi e a tranci, senza contare tutto il resto, crocchette, olive, polpette, patate, trippa, cannelloni, risotto, puntarelle. La coda davanti al baracchino è una caratteristica costante, complici anche i prezzi decisamente bassi: un pollo, speziatissimo, cicciotto, non arriva ai 4 euro. Anche a 72 anni, diventato Cavaliere e Ambrogino d’oro, casa sua è il chiosco. Però niente più bancone, segue i conti. E niente più grembiule verde, ma giacca, cravatta, cappello, elegante come i suoi modi.
72 anni? È qui da ragazzino.
“Ed ero adolescente quando arrivai a Milano da Civago, paesino sull’appennino reggiano dove, le assicuro, il mio nome era tra i meno strani. Raggiunsi mia sorella Graziella, che aveva 10 anni più di me e già lavorava in una polleria, in via Teodosio. Superai il panico che mi dava una città da un milione di abitanti lavorando. Sveglia alle 4, si finiva a tarda sera. Poi con Graziella e l’altro fratello, Luciano, ci mettemmo in proprio, in via degli Scipioni 5 e poi in corso Buenos Aires 2. Fino a questo posto lungo corso Lodi”.
Come ci arrivaste?
“Ci fu un’occasione: un chiosco di 38 metri quadrati che fino a metà anni Quaranta aveva venduto frutta e verdura a prezzi calmierati dal Comune, ma da allora era chiuso. Un affare: l’affitto era 200mila lire l’anno e io avevo 10 milioni prestati dal mio benefattore, Umberto Muccioli. Il problema era un altro”.
Quale?
“La concorrenza. Nel 1967 tra piazza Buozzi e le vie che si affacciano si contavano 12 tra macellerie e pollivendoli. L’unica era lavorare come disperati. Prima solo polli crudi, poi anche la carne suina e la bovina. Ai cibi cotti arriviamo a metà anni Novanta, capendo che stavano cambiando i tempi”.
E come stavano cambiando?
“Sa di quei 12 macellai quanti ce ne sono ora? Zero. La gente non cucina più. All’inizio la clientela era solo di donne, e su d’età, che compravano il cibo da preparare a casa. Adesso sono molti di più gli uomini, giovani e single. Tanti consumano il cibo camminando o ai giardinetti accanto”.
E poi c’è la moda dello street food che aiuta.
“La moda l’abbiamo precorsa. Il vero aiuto l’ha dato la crisi: da quando è iniziata cresciamo del 4-5% l’anno, grazie a prezzi bassi e qualità. Ci riusciamo perché scelgo io i prodotti, all’Ortomercato, e usiamo solo prodotti italiani. Anche i polli costano poco e sono di qualità: la lonza belga ha un prezzo inferiore, magari, ma non vale un fico. E prepariamo tutto noi, in gigantesche cucine dall’altro lato della strada. Tra lì e il chiosco siamo in 18, quasi tutti stranieri, bravissimi, seri: i giovani italiani amano mangiarla, la pappa pronta, più che cucinarla”.
Il metrò vi ha aiutato?
“No, ci ha danneggiato. Perché siamo a metà tra due stazioni, Porta Romana e Lodi, mentre ai tempi davanti a noi facevano fermata i bus 13 e 20. E da qui partiva la corriera da e per Lodi: i pendolari la mattina lasciavano la lista della spesa e ritiravano la sporta la sera, tornando a casa. Ora vendiamo cibo pronto: non abbiamo più clienti sparsi lungo tutta la giornata, ma concentrati a pranzo e cena”.
È vero che ha ideato lei il mix di spezie che rende i suoi polli così particolari e apprezzati?
“Ci ho messo anni a trovare il giusto equilibrio di sale, timo, origano, maggiorana e le altre erbe, ora è perfetto. Ci impregniamo il pollo per 24 ore prima di cuocerlo allo spiedo. E adesso lo vendiamo pure in barattolini”.
Non solo quello: vi siete dati al merchandising per i 50 anni.
“Un’idea di mia figlia Paola, anche lei lavora al chiosco, la sola altra Giannasi, dopo la morte dei miei fratelli: tazze, t-shirt, grembiuli. Abbiamo una clientela affezionata, anche a iniziative come donare all’Airc l’incasso di un sabato di settembre”.
Chi la vede al chiosco la riconosce per strada?
“Non sa quanti. Una volta anche a Palazzo Reale, alla mostra di Manet. Un piacere e anche un imbarazzo”.
Mai pensato di aprire un Giannasi 2?
“Spesso. Lieto di non averlo fatto: io sono solo uno, e in un posto così serve che il padrone sia sempre presente. Crollerebbe la qualità”.
È vero che molla tutto?
“Non sa quanti me lo chiedono: gira questa voce. Ma no, non ci penso. Mi diverto da matti a lavorare. Ho meno affanni di una volta, curo più i dettagli nell’uscire di casa, un vestito elegante, una bella cravatta. Ma la mia vita è qui, tra i polli e lo spiedo”.