C’è sushi e susci. Lo Chef Ambassador di Expo 2015 ci svela l’anima del mare
Moreno Cedroni il mare lo sente. E ne coglie l’anima. Sarà perché è cresciuto tuffandosi nelle acque cristalline della Riviera del Conero, là dove le onde si infrangono sulle rocce bianche e dove il Mediterraneo si tinge di sfumature esotiche.
Padre di una cucina creativa, colorata, evocativa, Moreno Cedroni è uno degli Chef Ambassador di Expo 2015. Segni particolari? Un grembiule a fantasia da cui non si separa mai, un piatto – la costoletta di rombo – che è diventato oggetto di una tesi di laurea.
Due stelle Michelin a La Madonnina del Pescatore di Senigallia e un locale a misura di spiaggia in quel di Portonovo, Il Clandestino susci bar. Sì, scritto così, all’italiana. Perché tra lui e il crudo c’è di mezzo una “c”.
L’intervista a Moreno Cedroni
Che significato ha per te essere Chef Ambassador?
“È una carica che non ti aspetti, tutto il mondo potrebbe essere lì a guardarti e farsi così un’idea del Paese che rappresenti. È una grande responsabilità: più gli Ambassador sono prestigiosi e hanno territori da raccontare più assumono spessore”.
Come ingrediente-simbolo hai deciso di portare a Expo 2015 l’olio extravergine d’oliva…
“È perfettamente in linea con il tema “Nutrire il pianeta. Energia per la vita”. Il messaggio dell’olio è il nutrire bene, è un ingrediente indispensabile per una cucina sana”.
C’è una cultivar che prediligi?
“Sì, l’oliva Raggia è la varietà del cuore. Rispetto alle altre presenta quei sentori freschi che la caratterizzano e un buon fruttato, ma allo stesso tempo è molto equilibrata nell’amaro e nell’acidità”.
Olio a parte, tre ingredienti da riscoprire?
“Il topinambur, perché ha una componente dolce e una salata: si presta a essere usato sia in cucina sia in pasticceria; la quinoa, che andrebbe mangiata almeno una volta alla settimana per le sue proprietà benefiche; la manna, una ‘resina’ che mi ha molto stuzzicato e che sarà uno dei nuovi ingredienti di quest’anno al Clandestino susci bar”.
A proposito di susci, è ancora la preparazione che più ti rappresenta?
“Sì, l’ho coniato io e l’ho portato avanti negli anni, si è sviluppato nel tempo. È nato nel 1997, perché ero stanco di mangiare il sushi con gli stessi ingredienti: è come mangiare la pasta condita sempre con il medesimo sugo. Il mio susci nasce dell’esigenza di ridare l’anima al pesce e di pensare al crudo in modo diverso, usando prodotti differenti a seconda del pescato. Non si può trattare una ricciola come un salmone”.
Già, sono passati tanti anni. Qual è il segreto della sua longevità?
“Sicuramente la capacità di rinnovarsi, il tema cambia ogni anno: il Susci Figlio dei Fiori, il Susci Letterario ispirato a poeti come Leopardi, il Susci a Colori. Tutto ciò desta dapprima molta curiosità e poi, in un secondo momento, il cliente scopre che ci sono dei contenuti”.
Qualche anticipazione sul tema di quest’anno?
“Il Susci Anni ’50, che non significa solo musica swing. Per me i Fifties rappresentano la Guerra Fredda e icone in bianco e nero come Marilyn Monroe”.
Bello. Ma come nasce una tua ricetta?
“Da un tema e da un ingrediente che decido di usare. Magari in maniera alternativa, come l’aglio nero, che porto dal piano salato a quello dolce, in una sorta di contaminazione”.
Sembri molto allegro e spensierato. Per te la cucina è gioco?
“No, in realtà cerco di rendere semplici cose difficili, sia per avvicinare gli ospiti alla mia cucina sia per rilassare. Sdrammatizzo molto l’esperienza gastronomica. Per esempio, servo come aperitivo un ghiacciolo (Il margarita ghiacciato, ndr) oppure creo portate ironiche come E adesso chi lava i piatti? (un dolce a forma di spugnetta per le stoviglie, ndr)”.
Tornando a Expo 2015, che cosa ti aspetti da questo evento?
“Un sacco di gente nelle Marche! Mi piacerebbe che in un secondo viaggio le persone avessero la curiosità di visitare la mia regione”.
E se Milano fosse un piatto?
“Non ho dubbi: la cotoletta di tonno”.
Già, il re del Mediterraneo, la creatura marina che più ama chef Moreno. Al punto di aver scelto di limitare l’uso del tonno rosso per questioni ambientali e di sostenibilità, in favore della varietà pinna gialla.
Lui che fu tra i primi ad apprezzarne le caratteristiche sul finire degli anni ’90, “quando nessuno lo usava” racconta, prima che mister red tuna diventasse un pesce alla moda rischiando l’estinzione.
Dal quel grembiule si capisce immediatamente che Cedroni è avanti, penso. Un po’ naïf, con le verdurine variopinte, spiritoso, originale e gioioso. Toglimi una curiosità: ma lo hai disegnato tu? “No, è di un’azienda americana. Prima tutti i cuochi vestivano esclusivamente in bianco, ho creato una rottura con il passato”.
Come L’isola golosa, il piatto che Moreno prepara poco dopo durante uno showcooking: un’oasi colorata fatta di scampi, gamberi rossi, cicale e seppie al profumo di vongole, circondata dalle nuance cobalto ottenute dall’infusione del cavolo cappuccio.
Una coccola dove fanno capolino la zuppa di mandorle siciliane, la salsa di broccoli e la gelatina di zafferano sardo. Un tuffo dove l’acqua è più blu, un gioco di consistenze che restituisce al palato un’esplosione di aromi mediterranei. Lo confesso: a me ora è venuta voglia di andare nelle Marche.