C’è chi anche durante il lockdown a causa dell’emergenza Coronavirus non ha mai smesso di pedalare. Sono i riders, testimoni delle realtà che si sono susseguite, dal silenzioso deserto delle più grandi piazze italiane fino al rumore umano che torna alla ribalta dopo la graduale riapertura
Il lavoro dei riders è faticoso, implica sforzo fisico, resistenza, spesso viene dato per scontato, non considerato. Durante la quarantena ha conquistato grande dignità. Coloro che sopra una bicicletta o motorino hanno percorso le nostre strade prive di movimento, hanno contribuito ad aiutare il Paese durante la crisi sanitaria. Hanno rappresentato quel punto di contatto, intersezione tra il privato e il pubblico, la casa e il fuori. Guanti, mascherina, zaino. Si parte con una sola meta: l’altro.
I riders hanno distribuito beni di prima necessità, alimenti e medicinali, hanno permesso a molte attività di ristorazione di continuare a servire i propri clienti, sono stati coraggiosi. Grazie al loro servizio alcuni anziani si sono sentiti meno soli e sono sopravvissuti alla chiusura trovando conforto in un volto amico. La Fase 2 attuale prospetta la riapertura di molte attività e con piacere potremo tornare ad essere autonomi. Beneficeremo comunque del grande servizio offerto dagli uomini in corsa e spero lo apprezzeremo di più.
La sorpresa del pacco
Il suono del campanello ha rappresentato in quarantena una piccola gioia quotidiana, un colpo di scena, una distrazione dalla routine. Qualcuno ti attende alla porta e ha qualcosa per te. Nella lentezza delle giornate trascorse, siamo corsi ad aprire e spesso non ci siamo trattenuti dal dire qualcosa, anche solo un “come va?” sarà per forza uscito almeno una volta dalle nostre bocche, rivolto ad un giovane su due ruote. Forse perché chiusi in casa, al vedere un’altra persona scattava quasi un’emozione. A pensare che prima, spesso, i riders non venivano nemmeno guardati, senza volto, senza nome. D’ora in poi li guarderemo negli occhi e sotto, la mascherina ci renderà ancora più uguali.
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