22nd

Novembre

Sei fritto!

Frittura non vuol dire pesante cottura. Soprattutto quando tempi, temperature e grassi impiegati sono attentamente controllati. A dimostrarlo un congresso, tenutosi recentemente all'Università La Sapienza di Roma, dal titolo Il processo di frittura: ricerca e innovazione. Un momento di riflessione, indagine e analisi, capace di sciogliere dubbi, cancellare falsi stereotipi e svelare le avanguardie tecnologiche applicate ai cibi sfrigolanti. Della serie, gli alimenti possono tuffarsi nell'olio bollente (meglio se extravergine d'oliva, visto che ha un punto di fumo intorno ai 210 gradi) e uscirne leggeri e salutari. E a confermarlo c'è pure il celebre chef patissier Ernst Knam, autore di un libro edito da Reed Gourmet: Fritti (74 Euro, da acquistare anche online). Una parola sola per condensare oltre 70 ricette dolci e salate, in un viaggio che inanella la fragranza italiana, la levità jap e la dorata mielosità mediorientale.

VESTE CROCCANTE – Se nel friggere è importante l'elemento cocente, nondimeno lo è lo è quello coprente. Nel senso che i cibi vanno prima infarinati, impastellati oppure impanati, passandoli nell'uovo e nel pane grattugiato. Perché solo così sono ben corazzati per affrontare la padella caliente, non assorbendo “unto” eccessivo. E che dire del tempura? Che è l'essenza della frittura, etereo e lieve com'è. Per prepararlo? Occorrono anzitutto farina e acqua fredda (anzi, gassata e gelata). E poi via, nell'olio di semi di soia, di girasole e o di arachidi. Per un risultato friabile e amabile. Ma da dove viene il termine tempura? Pare essere nato nel XVI secolo, quando i giapponesi entrarono in contatto con i commercianti portoghesi e i missionari cristiani, scoprendone le abitudini alimentari. Questi, infatti, durante i tempora (giorni di digiuno e di preghiera), astenendosi dal mangiare la carne, si nutrivano di verdure e pesce fritti in una sottile pastella. Ai sagaci orientali piacque la cosa e dai tempora ai nipponici tempura il passo fu breve.

DAL MEDITERRANEO… – E per assaggiare a Milano qualche insolita e sfiziosa frittura? Ecco qualche indirizzo. A Casa Lucia, fra mattoni a vista, legno e tonalità tortora si possono ordinare le appetitose alici, deliscate e impanate, corredate da vaporosi fiori di zucca. Un piatto invitante, preparato a regola d'arte, che unisce il mare all'orto, in un matrimonio di assoluta delicatezza. Frittelle di baccalà su letto di pomodoro piccantino, invece, all'Osteria della Stazione, che propone piatti mediterranei con un occhio di riguardo alla Liguria. Qui distillata in una portata soave, in cui il pesce viene coronato da una “nuvolosa” pastella e abbinato a un'intrigante cremina. E le ostriche? Da nude e crude si ritrovano fritte. Dove? Ai ristoranti 13 Giugno (sia quello in via Goldoni sia quello in piazza Mirabello), che, nei mesi di novembre e dicembre, le presentano anche nell'insolita versione calda. Se poi si volesse passare dal mare alla terra, da Cibo & Vino si incontrerebbero stuzzicanti italian tapas, come mozzarelline in carrozza (a quadrotti con acciughina incorporata) e tondeggianti bignè di riso giallo dal cuore fondente. Ideali, con un calice di bianco o rosso, per l'aperitivo o per il languorino di tarda sera. Infine, per dorati bocconi meneghini, ci sono le milanesine de Le Noir, ovvero mini cotolette di vitello (senza osso) in aromatica panure: al timo, al pepe nero, al pistacchio, ai pomodori secchi o al papavero. Per cambiare sempre gusto.

… ALL'ORIENTE – Di maiale è invece la cotoletta (katsudon) by Asahi, impanata, fritta e poi stufata in salsa di cipolle e uova, distesa su un letto di riso e accompagnata da zuppa miso shiro (di soia, con alghe e tofu). Una pietanza saporita e rassicurante, come lo è, del resto, l'Asahi maki fritto, un tenero-fragrante futomaki con salmone, Philadelphia, tobiko (uova di pesce volante) e cipolla. Futomaki che ritorna, fra tatami e giardini zen, al Miyama, preparato, però, con pregiato astice, per una preziosa ricetta. E se si preferisse il delicato granchio? Al Perla d'Oro di via Vigevano il rosato crostaceo finisce nei soft shell crab roll e nel futomaki fritto, insieme a salmone, avocado, tobiko e salsa teriyaki. Mentre al lindo Kiyo, il morbido granchio kara age si copre di una soffice pastella di fecola di patate, sposando la salsa ponzu. E i gamberi? Al Kiyo ci sono pure loro: nella selezione di tempura, complici dei calamari e di ben cinque tipi di verdure e tuberi (fra cui carota, zucchina, melanzana e patata dolce), e in una ricetta dalle nuance fusion, ovvero i gamberetti in tempura saltati in una crema di latini e piccantini jalapeño. Infine, per una fritturina nippo-vegetariana, ecco al Kandoo le tiepide crocchette di zucca avvolte nel panko (un pane grattugiato jap) e affiancate da salsa tonkatsu, densa e appetitosa. Per un assaggio vellutato-croccante molto invitante. Che fa rima pure con le capesante: fritte e ingentilite da maionese giapponese.

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