L’arte è stata uccisa dalla sua stessa comunicazione, fagocitata da fraintendimenti ed equivoci. Come l’arte viene oggi comunicata, presentata e promossa è un problema da non sottovalutare, poichè specchio di una società in cui tutto è mordi e fuggi.
NON SI MASTICA PIU’, SI FAGOCITA – Ciò accade poichè non vi è più un contatto diretto ed incontaminato tra opere e fruitore che viene trattato come un consumatore non pensante, al quale fornire il materiale necessario per una decodificazione omogeneizzata. Basti pensare a quante volte ci si trova immersi in una galleria o in un museo alla “disperata” ricerca di un opuscolo illustrativo, per trovare certezze pensate da qualche mente illustre o per sapere l’intento dell’artista, ancor prima di aver visionato. Il consumatore d’arte non cerca un viaggio emozionante in cui scoprire con le proprie capacità, bensì cerca sicurezze. Prova noia nel pensare. Uno dei problemi fondamentali è che non si cucina più dentro di sè l’opera d’arte per poi masticarla, ma si utilizzano troppi “4 salti in padella”. Si vuole una cultura facile, breve, indolore. Una cultura da fiera dove lo stand successivo annulla il precedente.
INFERNALI EQUIVOCI DELL’ARTE DA FAST-FOOD – Il primo equivoco a cui va incontro il mondo dell’arte è che essa è ormai da vedere e non da pensare. Poi vi è l’eccessiva spettacolarizzazione, per cui incappiamo in giganti musei come il Guggheneim di Bilbao, dei quali ci si ricorda solo l’architettura. Pochi rimembrano le mostre viste internamente, ma tutti sapranno dirvi della gustosa pausa relax alla Coffee House, della tazza comprata al Merchandising Point o del fornitissimo Bookshop! Siamo storditi da fiere di ogni genere, dove quel che conta è la quantità e non la qualità. Sono sempre meno i percorsi studiati e lo spettatore si trova inerme a subire un’overdose di forme, colori e pensieri studiati appositamente per accontentare la presunta sete di sapere delle masse. Come turisti stanchi ci si aggira tra le opere. Terzo equivoco è che la comunicazione ha tradotto il concetto del mercato dell’arte con una formula “infernale” e quindi il valore delle opere è ormai un imbroglio. Si valuta a seconda delle tendenze e non dell’importanza storica. Un’opera trendy può valere milioni di Euro, mentre una di un Maestro del Rinascimento poche centinaia! Si perde così il valore reale e personale, a favore dell’utilizzo dell’arte come elemento di distinzione sociale.
LIBERO PENSIERO – Una soluzione possibile potrebbe essere quella di boicottare il pensiero da fast-food e tornare ad avvicinarsi all’arte, ma anche alla musica e tutto il resto, come farebbe un bambino lasciato libero di osservare e poi rielaborare a proprio modo il mondo che ha sperimentato, dialogando con esso, senza aver letto o seguito ore ed ore di inutili spiegazioni. Sia chiaro, un po’ di nozioni non guastano, purchè non inibiscano il libero pensiero.
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