Tutti hanno il diritto di fare errori. Tutti hanno il diritto di essere unici. Il gatto non è obbligato ad amare il suo padrone. (Costituzione di Užupis, quartiere di Vilnius, art. 4, 5 e 10)
Vilnius, you hit me with a flower, you do it every hour, oh baby, you’re so Vilnius. In realtà Lou Reed, nel suo album Transformer, cantava Vicious, ma Vilnius, capitale della Lituania, suona così bene. Da una parte il capolavoro del genio della musica. Dall’altra, la città dell’Europa Orientale, con un centro storico incluso nel Patrimonio Mondiale dell’UNESCO.
Non tutti sanno poi che il testo di Vicious, nel 1972, fu richiesto all’icona glam Lou Reed dal padre della pop art Andy Warhol. Così nacque il rock dal riff distorto destinato a fare il giro del mondo. Un incontro di due esplosioni artistiche da far girare la testa, come quando si osserva Vilnius dall’alto della torre della sua Università.
E a proposito di fusioni, la capitale lituana passa dal barocco al rinascimentale, dal gotico al neoclassico come se guidata dal vento, come se a bordo di una mongolfiera. Per non parlare di Užupis, la Repubblica indipendente degli artisti.
Non siamo poi così distanti. E se accanto a Lou Reed c’erano i Velvet Underground, accanto a Vilnius c’è tutto un mondo intorno. Che fa del Paese bagnato a ovest dal Mar Baltico una destinazione da scoprire tra le più interessanti. Perché no, una tra le più rock.
Vilnius. Patrimonio UNESCO e Repubblica degli Artisti
Illuminata da una luce del sole #nofilter già alle sei del mattino, dove il fiume Neris incontra il Vilnia ecco la Gerusalemme del Nord, Vilnius, diavolo di città. Solo il caso vuole un’assonanza con la parola lituana velnias, diavolo, appunto. La realtà è che si tratta di una città dannatamente bella.
Simbolo della capitale dei Paesi Baltici, la Torre di Gediminias sorge sul colle alle spalle della piazza bianchissima dove c’è la Cattedrale. Davanti, il centro storico tutto botteghe e cortili, chiese e caffetterie, piastrelle di ceramica che segnano la Via dei Letterati e decorazioni che impreziosiscono il ghetto ebraico.
I vicoli non sono distanti dalle donne che vendono i fiori sul marciapiede dei mercati dove tutto d’estate è rossissimo. Pomodori, fragole, ciliegie, fino al color barbabietola, immancabile nelle tavole lituane, ingrediente essenziale della Šaltibaršciai, la zuppa fredda più popolare.
Dopo il ponte sopra il torrente Vilnele siamo a Užupis, dove, secondo le indicazioni stradali, There is no routine. È la Repubblica indipendente degli artisti, ex quartiere degradato, oggi nuova Montmartre. Elephants, bohemians, indians and courtesans, per dirla alla Moulin Rouge. Pittori, writer, scultori, atelier, giovani artisti, statue di zebre giganti e uno stemma, una bandiera e una costituzione appesa a un muro secondo cui ogni uomo ha il diritto di amare, oziare, piangere, stare in silenzio.
Artista tra gli artisti è però Deivydas Praspaliauskas, chef giovanissimo, tatuato e pluripremiato, re del 1 Dublis, scommessa nei pressi della stazione ferroviaria. All’ora di cena, pochi clienti alla volta possono lasciarsi ammaliare dai piatti a sorpresa ricchi di ingredienti semplici che Deivydas raccoglie nell’orto ma trasformati in tele di Pollock per lasciare a bocca aperta i foodies di mezzo mondo. Tutto così all’avanguardia, soprattutto per la Lituania.
Non resta che guardare il cielo. Oppure sorvolarlo. Rimane il fatto che a Vilnius le nuvole si scolpiscono o si attraversano durante un giro in mongolfiera per sovrastare la città. Sorretti da un anelito di adrenalina, di vera adrenalina.
PENISOLA CURLANDESE: i villaggi e il deserto
Attraversando il Paese fino alla Penisola Curlandese, una striscia di terra di novanta chilometri che separa la Laguna dei Curi dal Mar Baltico, le vent nous portera verso paesaggi di straordinaria bellezza, come Sturmu Svyturis, nella laguna vicino Ventes Ragas, a 300 chilometri da Vilnius.
Il camino acceso per cucinare dell’ottimo pesce e le reti dei pescatori sono gli interni di tutto quello che esiste qui. Un piccolo, nostalgico, old style hotel ristorante con ampie vetrate da cui entra la luce più abbacinante e non si sa più dove finisce il vetro e comincia il cielo.
Le barche sono usate anche per sfoggiare i fiori al centro del prato, oppure restaurate e usate per il riposo nelle camere eleganti. Il bianco e l’azzurro, il legno e i mattoni, le botti piene di primule. È qui dove tutto ha inizio con c’era una volta e finisce con vissero felici e contenti.
Dal villaggio di Minge si può navigare verso la penisola che l’UNESCO ha incluso tra i Patrimoni dell’Umanità e politicamente divisa fra Russia e Lituania. Magari fino a Nida, uno dei villaggi di questa lingua di sabbia estesa sul mare dove i pescatori accolgono abitanti e turisti con persico reale, sgombro e altri tipi di pesce. Affumicato, logicamente.
Dalle dune di sabbia in movimento che raggiungono i sessanta metri, che in passato hanno inghiottito interi villaggi, alle riserve naturali come quella di Nagliai con le dune Grigie.
E poi giù il deserto. Perché l’intera Penisola dei Curoni ricorda davvero un deserto dove camminare a piedi nudi e perdersi, fino ad arrivare al punto più alto, tra mare e laguna, riuscendo quasi a toccare il sole.
PALANGA, città di UN PAESE PREZIOSO COME L’AMBRA
Sulla costa baltica ecco Palanga, località balneare protetta dalle riserve di pini. La cittadina turistica custodisce il museo dell’ambra e l’ambra, a sua volta, custodisce le inclusioni più strane: fiori, api, cicale che per un curioso processo della natura diventano gioielli.
Al centro di un grande maniero e circondato da cento ettari di giardino, il museo raccoglie più di 4500 manufatti dell’oro lituano usato non solo come se avesse diciotto carati. Oli, infusi, saponi. In Lituania è possibile addirittura assaggiare il tè ricavato da questa preziosa resina fossile finita sottoterra e sottratta dal mare fino a quando proprio il mare la restituisce a riva.
SAMOGIZIA, L’INFINITO E LA COLLINA DELLE CROCI
Se a scuola raccontassero che L’Infinito, Leopardi, lo compose pensando alla Samogizia, non ci sarebbe da stupirsi. La regione della Lituania Occidentale è quell’insieme di interminati spazi di la’ da quella, e sovrumani silenzi, e profondissima quiete. E cicogne che sembrano pitturate.
In questo dolce naufragar, non distante dalla città di Siauliai, compare uno degli scenari più suggestivi e cinematografici della terra. È la Collina delle Croci e le croci sono più di duecentomila, una accanto all’altra. Sembra una scena lenta e sospesa del Premio Oscar Sorrentino e davvero This must be the place.
Il tempo si è fermato, il visitatore stupito anche, non si è fermato solo un leggero vento che muove le croci appese, provocando, in un assordante inspiegabile silenzio, un tintinnio simile a quei rumorosi acchiappasogni fuori dalle porte dei film.
La grande bellezza, in questo caso, è voluta dai pellegrini che vengono a lasciare un voto, una preghiera, una scaramanzia per un esame universitario da sostenere, facendo della collina un luogo di culto e di cultura. E un luogo per tutti. Come l’intera Lituania. Ricca di pace e ricca di birre, più di 200 prodotte, che ne fanno, allora, una meta così rock. Ideale per uomini, donne, cani. Cani che, secondo l’articolo 12 della costituzione di Uzupis, “hanno il diritto di essere cani”.