Vederlo suonare è un’emozione rara. La musica s’impossessa di lui e tutto il resto è poesia che lacera il corpo, che ti assorbe ogni facoltà cognitiva per poi liberare i pensieri al ritmo della pelle fremente per le note del suo pianoforte. Lui è il pianoforte… lui è Danilo Rea, pianista di fiducia di Mina e noto jazzista insieme ai Doctor 3. Ha collaborato con artisti eccelsi come Chet Baker, Lee Konitz, Steve Grossman, Bob Berg, Michael Breker, Billy Cobam, Aldo Romano, Dave Liebman, Joe Lovano. Cosa si può domandare a un musicista di ‘sì alto sentire? L’ho incontrato poco prima di una sua serata al Blue Note di Milano, seduti su stoffe colorate, ecco cosa ho scoperto.
Danilo, cosa sognavi di fare da piccolo? Già il pianista?
“No, a dire il vero desideravo fare il medico per curare mio padre che aveva avuto problemi di cuore. E invece eccomi qui, però mio fratello è un medico.”
Quali emozioni ti prendono quando suoni il pianoforte?
“Un mio Maestro mi diceva che quando suonavo diventavo il pianoforte ed è proprio così.”
Hai qualche rito particolare prima di un concerto?
“No, cerco solamente di pensare il meno possibile a suonare. Sto a contatto con la gente per non estranearmi. Devo dire che un po’ d’ansia serve a dare la carica. Quando invece mi siedo al piano e si inizia, la concentrazione arriva da sè e avviene l’esplosione creativa, dove mi lascio andare.”
Quando capisci che stai creando una cosa davvero speciale?
“Capisco di essere in una situazione magica quando mi emoziono più del normale ed è come se mi venisse da piangere.”
Quali sono i problemi che si incontrano nel mestiere del musicista?
“Chi arriva ad un buon livello è da considerarsi un privilegiato, poichè sta facendo ciò che più ama fare. A volte è dura e ci vogliono molta passione, duro impegno e costanza. Capita di suonare in posti lontani, in date ravvicinate, quindi serve anche una buona resistenza fisica. E poi c’è il problema di dover trovare l’ispirazione ogni sera, per non eseguire meccanicamente i brani.”
Dal tuo punto di vista, com’è la vita ad occhi chiusi?
“E’ diversa da quella ad occhi aperti, è più concentrata. Ad occhi aperti sei esposto a mille input, se li chiudi raccogli gli stimoli, li rielabori, li senti e quando riapri gli occhi tutto sembra più bello. Per la musica è così… La musica è come la vista interiore.”
Qual è la tua colazione preferita?
“Quella che amo di più è quella che faccio quando sono a Napoli. Pane napoletano con ricotta fresca e caffè lungo.”
Mmm, leggera! E quale ritieni sia il cibo più musicale?
“Il sushi, per il fatto che ha rigore nella sua composizione. Tutto è ben calibrato per non avere dissonanze di sapori. Mi affascina per il suo minimalismo, la leggerezza e l’intensità al contempo. Così dovrebbe essere pure nella musica, si deve suonare con rigore.”
Ma se hai veramente fame cosa mangi?
“Be’, un buon piatto di fettuccine!”
Cosa ti infastidisce?
“Mi dà fastidio l’essere rincorso dagli eventi, l’avere troppe cose da fare e il non potermi concentrare.”
Ringrazio Danilo e il gentil pianista ringrazia me. Ora sono pronta a reimmergermi nella sua musica, certa che le emozioni mi assaliranno rapide come cristalli di un’esplosione solare.
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