E’ una rarità in questo periodo ascoltare dei performer d’eccezione. Si fa la fila al box office, si va al concerto con il rischio che l’album a casa sia quasi la copia identica dell’esibizione live in programma. Pochi musicisti possono davvero permettersi il lusso di suonare o cantare dal vivo e stimolare chi sta da quest’altra parte della barricata. Il concerto dei Take 6 è stata un’inattesa rivelazione, non solo perché tra i più intensi di questo avaro 2008, ma perché ha dimostrato al pubblico (vero sold out) che la voce umana può toccare la perfezione di uno strumento.
TAKE 6 – Alvin Chea, Roger Ryan, Joey Kibble, Mark Kibble, Claude McKnight e David Thomas cantano a cappella e fin qui non c’è nessuna novità. Il nostro pubblico, abituato al fenomeno Neri Per caso – vecchia operazione azzeccata dal re Mida Cladio Mattone – resta davvero esterefatto. Anche qui si gioca a nascondino col pop, ma su un altro pianeta: i “Magnifici 6” mescolano l’R&B con il gospel a suon di acrobazie vocali e pindariche armonie jazz. Il risultato sembra un miracolo da palcoscenico con quelle voci che fabbricano strumenti musicali. E la dose di humour la vogliamo togliere? Questo è un elemento aggiunto che fa di Alvin e compagnia una squadra di mattatori, artefici di storielle coinvolgenti.
THE STANDARDS – Si dilettano a frugare tra le tracks dell’ultimo The Standards – standing ovation per Mary – e stuzzicano l’appetito musicale spiluccando tra Feels Good, Beautiful World e So Cool. “Siamo orgogliosi al pensiero che Gesù faccia parte del nostro repertorio”, sussurrano al pubblico del Blue Note e poi ci lasciano un brivido con una serie di gospel songs, come prova che la radice “spiritual” non è andata persa. Applausi interminabili e il pubblico si guadagna un paio di bis.