Il cielo è grigio e non promette nulla di buono. Ci incontriamo sulla Darsena e, di fronte a un caffè, il protagonista di Miles gloriosus: ovvero morire di uranio impoverito, in scena al Leoncavallo il 26 giugno, si racconta con passione. È Antonello Taurino. Formatosi alla School After Theatre di Jurij Alschitz e a quella di Kuniaki Ida, è conosciuto al grande pubblico per la sua partecipazione a Zelig Off. Il suo nuovo spettacolo parla di “morti di serie B” che, come il teschio della canzone popolare Vitti ‘na crozza, muoiono senza tocco di campane. E le vittime dell’uranio parlano con voce sorda nella speranza che qualcuno gli ridia il sonoro perduto. Antonello ci prova. Con amara ironia e tanto coraggio.
Miles Gloriosus è la tua ultima creazione. Da dove nasce l’idea dello spettacolo?
“Da una vicenda personale. Tempo fa un mio amico si è ammalato di tiroide dopo essere stato in guerra in Kosovo. La sua storia mi ha dato la spinta per iniziare. Ho esplorato il tema da quattro punti di vista: militare, medico, fisico-chimico e, infine, cosa non indifferente dalla prospettiva della giurisprudenza. È una questione complessa e pericolosa. Tanti giornalisti che si sono interessati alla faccenda o gli stessi parenti delle vittime hanno subito minacce o avvelenamenti. Ho cominciato questa avventura perchè nessuno ne parlava. Ora capisco perché”.
Il tuo è un lavoro di teatro civile. Com’è strutturata la storia?
“Utilizziamo il meccanismo del teatro nel teatro. Sul palco ci sono due cialtroni. Un musicista (Orazio Attanasio) e un attore. Due precari dell’arte che cercano su Wikipedia una sfiga da teatralizzare. E visto che Marco Paolini, Marco Balliani, Ascanio Celestini hanno già occupato tutto, come un’illuminazione arriva un argomento scottante, sociale, politico e scoperto. Lo giochiamo con tanta ironia. Per raccontare due storie. La nostra e la loro”.
Ma davvero Antonello Taurino ha scelto questo tema solo perchè nessuno lo ha messo in scena?
“Probabilmente no. Il fatto è che non esiste un trattato ufficiale sul bando dell’uranio impoverito per la creazione di armi. E io voglio fare luce su questa ferita aperta. Questo combustibile è utilizzato nelle munizioni anticarro. Quando queste esplodono contro un bersaglio si libera una polvere altamente radioattiva e tossica per l’uomo. Nel 2001 Carla del Ponte, allora capo del Tribunale Penale Internazionale per l’ex Jugoslavia, affermò che il suo uso da parte della Nato era da considerarsi un crimine di guerra. Voglio dare voce alle vittime e ai suoi parenti”.
Il web ti ha aiutato in questa operazione drammaturgica?
“Sì. I portali che uso maggiormente sono quello dell’osservatorio militare, il blog delle vittime dell’uranio e quello della commissione parlamentare, solo per citarne alcuni. Poi è facile fare rete. Due mesi fa, in vista del referendum, avevo lanciato su Facebook una proposta per invitare al voto e a vedere il mio spettacolo, al quale si poteva entrare solo con la tessera elettorale vidimata. Poi anche da Roma è partita la stessa iniziativa grazie a San Tommaso is back, un sito curato dalla cantautrice Pilar. È stata invitata anche a Rai 3 a parlare della sua rete di artisti per il si. Sono contento che la stessa idea viaggi su ali più grandi delle mie e magari, un domani, potremmo anche collaborare”.
Progetti per il futuro?
“A parte Milano, dove siamo partiti dal Teatro della Cooperativa, in cartellone c’erano anche delle date in Salento. Sembra, però, che un eminente politico abbia consigliato all’amministrazione di evitare l’esibizione. Mio malgrado è andata così, ma spero che per luglio ci riusciremo”.
In un momento di precariato Antonello Taurino ci crede. Quando non è poi così semplice fare scelte artistiche di questo tipo. Scomode e poco commerciali. Ma come in un tango, la passione ti prende e ti sconvolge. E bisogna lasciarsi andare in questa danza. Pochi lo fanno. In questo tempo dove la fede in qualcosa non si trova, di certo, in offerta sugli scaffali di un supermercato.