4th

Febbraio

Stefano Bollani

Se adori il jazz italiano, ficca pure il naso tra i pianisti eclettici del nostro Paese. Se hai voglia di jazz moderno e ricco di sfumature, fai un salto verso l'improvvisazione e vedi quello che si può fare. Dubbi o perplessità? Lasciateli pure alle spalle se come in un incanto spuntano le melodie di Stefano Bollani: un giovane talento, orgoglio nostro dell'Italia jazz all'estero, che il 4 febbraio sale sul palco dell'Auditorium di Milano assieme ad Enrico Rava, con il quale ha recentemente pubblicato l'album The Third Man (ECM Records, 2007). Un viaggio musicale suggestivo, dove la tromba di Rava e il piano di Bollani si sposano alla perfezione.

Stefano, come reputi la situazione jazz italiana e come ci vedono all’estero?
“Ci vedono anche troppo bene. E finalmente anche l’Italia ha la sua visibilità. Fino ad un po’ di anni fa il jazz europeo era identificato con la Francia o l’area Scandinava. Noi eravamo un po’ in ritardo, per colpa anche di situazioni storiche. Non dimentichiamo che il jazz era stato bandito dal fascismo. I cambiamenti sono avvenuti da quando abbiamo potuto fare il jazz sul serio, ovvero vivere solo di questo. Ad esempio, la generazione di  Intra o Cerri si è dovuta misurare anche con altro per campare. Oggi per gli americani il jazz europeo è anche italiano. L’unico limite è che sulla bocca di tutti ci sono sempre i soliti quindici nomi… E non succede solo per la musica!”.

Cosa ha segnato il tuo approccio al jazz?
“Forse quella lettera che ho inviato a Renato Carosone (ride) e lui mi ha consigliato di ascoltare jazz e blues. Tutto è iniziato prestissimo: suono dall’età di 6 anni e ho scoperto il jazz a 11 anni. Sono  tra i più precoci. Scoprire così presto miti come Charlie Parker, non capita tutti i giorni”.

La tua musica è ricca di ironia, a volte ti spiazza, è imprevedibile, fuori dai canoni,  con punte a limite del bizzarro…
“Se è così come l'hai descritta tu, sono davvero contento. Mi  piace far ascoltare al pubblico ciò che non è presumibile.  È un punto di partenza importante perché mi piace sorprendere prima me stesso”.

A proposito di pianisti, ci sono troppi affabulatori in giro, sostenuti da faziose operazioni di marketing. Cosa ne pensi?
“C’è posto per tutti. La distinzione la fanno i pubblici diversi. Per il resto non c’è niente in comune tra me e gli altri. Pensando ad un’ondata di pianisti italiani, siamo accomunati tutti dallo stesso strumento…”

Come è accaduto nella collana che vi ha dedicato l’Espresso: Bollani, Allevi, Einaudi e Rea?
“Lì accade proprio questo. E’ solo il pianoforte ad essere il minimo comune denominatore. Io mi sento vicino soltanto a Danilo Rea…”

E l’incontro con Enrico Rava?
“Un sodalizio che va avanti da dodici anni. Avremmo inciso una quindicina di album assieme. Il rapporto musicale più importante, più longevo. Agli inizi mi ha dato una visibilità enorme e mi ha convinto a credere ancor più in quello che faccio musicalmente”.

Cosa ti ha lasciato prima di tutto?
“Il modo in cui Enrico gestisce la band da leader, senza imporsi.  Avevo anche io un mio gruppo. Quando scegli musicisti, non puoi pretendere che gli altri facciano tutto alla tua maniera. Ognuno ha il suo suono ed il segreto è proprio trovare la strada per  incontrarsi. La libertà a me concessa è la stessa che adesso riservo ai miei compagni di palcoscenico”.

Il download e Internet stanno mutando il mercato discografico. Succede anche per il jazz?
“A rallentatore perché il pubblico del jazz è  più maturo, è più feticista. Io stesso non faccio il download perché non mi piace, cerco ancora il disco. Devo riconoscere alla rete il merito di contribuire alla diffusione più capillare della nostra musica. Io vivo soprattutto di musica live, ed ho scoperto che nel web ci sono diverse mie registrazioni. A livello discografico può essere un danno, ma dal punto di vista artistico è emozionante sapere che dall’altra parte dell’Oceano qualcuno ha scoperto la tua musica”. 

Cosa manca in Italia affinché le giovani platee siano sensibilizzate all’ascolto del jazz?
Manca l’educazione musicale nelle scuole. Nessuna istituzione ha la volontà di parlare di musica, non c’è un programma definito, divulgativo. Un’anomalia per un paese come l’Italia, culla della musica”.

Ti sei guadagnato la copertina del settimanale Topolino. Che effetto ti ha fatto?
“Sono un lettore di tutta la famiglia Disney ed è stato davvero una sorpresa. Avevo dei fan in redazione. Me lo hanno proposto ed ho accettato con felicità”.

Progetti ravvicinati…
“Il 19 febbraio io ed Enrico (Rava, ndr.) partiamo per New York per registrare un nuovo disco per la Ecm. Tornati in Italia, darò il via al tour Bollani Carioca, con un gruppo di musicisti brasiliani”.  

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