6th

Dicembre

Rubini, Scamarcio, Golino

Venerdì 4 dicembre esce nelle sale il film L'uomo nero, commedia del regista Sergio Rubini ambientata nella Puglia degli anni '60. Racconta la voglia della gente comune di emergere attraverso il dilettantismo, la voglia dell'uomo della strada di smarcarsi dai pregiudizi tipici del provincialismo. In Terrazza Martini incontriamo Sergio Rubini e gli attori protagonisti, Valeria Golino e Riccardo Scamarcio.

Rubini, una delle tematiche che mi pare cogliere è quella della ottusità, della mancanza di obiettività degli esperti di arte, dei critici.
“No, a dire il vero la mia non è una critica alla critica. Il professore e l'avvocato in questo film sono i detentori del pregiudizio, i fautori dell'immobilismo. Il tema della mia pellicola non è l'arte, ma l'amatorialità, la passione per qualcosa, la voglia di potersi smarcare da una condizione di provincialità. Una voglia tale che porta il protagonista a vedere la biondezza come un aspetto che potrebbe sdoganarlo dalla sua condizione di uomo negro del Sud”. 

Centrale è anche la tematica del ritorno. Sebbene alcuni personaggi riescano ad andarsene, un ritorno è comunque previsto per tutti. Pensi che non si possa mai davvero tranciare il cordone ombelicale?
“La vita è eterno ritorno, come insegnano anche gli antichi greci. La lunga peregrinazione di Ulisse altro non è che un eterno ritorno. Tuttavia, il mio è un ritorno mentale; non ho alcuna intenzione di tornare al mio paese natale. Si tratta di un ritorno metafisico per comprendere a fondo dove si sia arrivati”.

Riccardo, il tuo personaggio fatica ad assumersi responsabilità. Pensi che il tuo ruolo abbia a che vedere con il noto discorso dei “bamboccioni”?
“Non credo ci sia una relazione tra le due cose. Pinuccio è un giovane degli anni '60, ha una sua attività ed è un tipo intraprendente. Semplicemente non si vuole sposare. Tuttavia, recita convinzione ma è il primo insicuro. Di lì a poco convolerà a sua volta a nozze. Questa discordanza tra la teoria e la pratica nel suo agire ne fa un personaggio comico e simpatico. Lui è la prima vittima e contemporaneamente il primo promotore dell'immobilismo”.

Anche per te, Riccardo, è un ritorno alla Puglia…
“È un ritorno anche con Rubini perché è il secondo film che giro con lui nelle vesti di regista. A parte questo, indubbiamente ho avuto modo di recitare in un dialetto che conosco molto bene e quindi essere spontaneo e naturale. Lo avevo già fatto precedentemente nel film di Placido, ma in quelle circostanze ero più nordico perché ero… foggiano!”

Valeria, come ti sei avvicinata al tuo personaggio, tradizionalista ma anche emancipato?
“Il professore, sedicente critico d'arte, fa presente a Franca che a una donna non è concesso di avere una carriera e allo stesso tempo essere una buona madre e moglie. Tuttavia, il mio personaggio non trova grandi difficoltà, nonostante abbia un lavoro, nel gestire la presenza di tre uomini in casa da seguire. Quella di Franca non è ancora una completa emancipazione. La sua vita e i suoi stati d'animo dipendono ancora da quelli del marito”. 

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