Nato il 14 settembre 1937 a Genova, Renzo Piano è uno degli architetti più apprezzati nel mondo e se vi fosse un altro mondo, probabilmente “conquisterebbe” anche quello. La sua semplicità nei modi di porsi e la sua simpatia non possono infatti lasciare indifferenti. Alla faccia dei “giovani” designer con la puzza sotto il naso! Oltre le barriere imposte dgli spazi fisici, egli ha sviluppato l’idea di luce, acqua e musica, dando vita a edifici, musei, auditorium, centri culturali in tutti i Paesi. Vere opere d’arte per vivere nell’arte della vita. Fino al 16 settembre la Triennale di Milano ospita i suoi progetti.
Da dove deriva l’idea del “pezzo” architettonico?
“L’idea del pezzo mi viene da lontano, dal fatto che mio padre fosse scultore e dal tempo passato nello studio del genio Franco Albini. L’architettura non si deve mettere in mostra, ma si deve visitare la dove si trova la città.”
Perchè lavora spesso negli Stati Uniti e meno qui in Europa?
“Mi fanno molte volte questa domanda. La risposta è semplice… perchè me lo chiedono più di frequente. Gli americani cercano disperatamente un rapporto diverso tra edificio e città. Questa ricerca si può ben vedere in edifici come quelli del New York Times e dell’Università di Chicago, dove la relazione individuo-costruzione è più umanistica.
Quando ha iniziato a sviluppare l’idea di trasparenza nei suoi progetti?
“In principio ero solo un costruttore, e non me ne vergogno, poi la mia attitudine si è modificata, dando risalto agli aspetti vitali dei miei progetti. Sempre a New York, per esempio, gli edifici “cascano a terra” appropriandosi del terreno egoisticamente. Ecco, vedendo questo, ho capito che serviva dare più respiro alle costruzioni e ho sviluppato il concetto di trasparenza, mettendola in pratica. L’idea della trasparenza non è solo una chiave di lettura lingusitica, è anche emotiva.”
Perchè tutta questa attenzione per la trasparenza?
“Dopo l’11 settembre l’America ha rischiato di chiudersi in se stessa, quindi ho intuito una necessità impellente di spazi aperti, di luce, di trasparenza. Un altro elemento importantissimo è l’acqua e il mio interesse deriva dall’essere cresciuto a Genova.”
Quali aspetti della sua città natale l’hanno dunque più influenzata?
“Sicuramente il porto, che era ancora un bel luogo, pieno di vita, un mondo dove tutto era in volo. Le navi volavano sull’acqua, le gru in cielo… per me volavano gli asini e le giardinette. Al porto tutto è instabile e in movimento, è la città invisibile narrata da Italo Calvino.”
Che ruolo ha la musica nelle dinamiche urbanistiche?
“Anche la musica ha un ruolo centrale, entrando a giocare con le architetture. In questa esposizione si trovano infatti i suoni di Luciano Berio, amico di cose folli. Non stupitevi dunque se un aereo vi passerà sopra la testa!”
Un consiglio per vivere meglio la città?
“No chiudete più le finestre!”
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