Entro al consolato argentino di Milano e vengo subito accolta calorosamente, come fossi una di famiglia, dal Console Generale Horacio A. Jaquenod. Mi siedo alla tavola ovale e dopo poco inizia il dibattito su “Come i mutamenti sociali, politici ed economici hanno influenzato la ricerca artistica contemporanea in Argentina”, tenuto da Remo Bianchedi, uno dei massimi esponenti dell’arte contemporanea argentina che dal 27 Ottobre al 3 dicembre esporrà ad Agoràrte, e Giorgio Milani, direttore artistico della galleria.
Giorgio Milani: Remo, dietro alla tua apparente tranquillità si cela una vita in continuo movimento… Come ha influito la situazione argentina sugli artisti del vostro Paese?
Remo Bianchedi: “Siamo abituati alla crisi; vi sono alcuni che sono capaci di adattarsi al momento storico, mentre altri no. Lo stesso accade nel resto del mondo, poichè vi sono delle necessità. Comunque il mercato artistico in Argentina è ampio e non risente della crisi politica. Si comprano più opere d’arte quando la crisi è maggiore. La crisi influisce sull’immagine dell’artista e sul suo modo di produrre, creando anche nuovi modi di produrre. Oggi la situazione è quella di ogni momento storico all’inizio di un nuovo secolo.”
G. M.: E come ad ogni cambio di secolo si avverte una sorta di malinconia. Pensiamo alla situazione italiana di inizio ‘900 con Segantini e Previati…
R. B.: “Sì, è lo spirito del tempo. Il lusso di quel che facciamo noi artisti è riflettere sul significato, sul senso di ciò che sta accadendo attorno.”
G. M.: Credo che per capire se una persona è un vero artista si debba vedere se esprime il suo tempo. Se lo è, tra cinquecento anni sarà ancora nella storia. Com’è la scena dell’arte argentina nella contemporaneità?
R. M.: “E’ la stessa che nel resto del mondo. Oggi l’arte manca di una vera riflessione, è più una moda. L’artista è l’ultima carrozza del treno, mentre chi produce denaro è la prima. Il problema è quello che sta nel mezzo. Vi è un abisso tra chi produce e chi riceve. Gli intermediari, critica-media-galleristi-collezionisti, non dovrebbero stravolgere ciò che l’artista vuole comunicare.”
G. M.: Per arrivare al successo nell’arte c’è bisogno che si verifichi questa condizione, cioè che galleristi, critici, collezionisti e direttori di musei siano concordi sulla qualità dell’artista.
R. B.: “Sì, anche la nozione comune dell’arte deve essere in linea col pensiero dell’artista.”
G. M.: In Italia l’arte è un settore di nicchia, basti pensare che una partita di calcio fa in due ore gli spettatori che una mostra importante fa in tre mesi. In Argentina la gente si interessa?
R. M.: “Per una questione antropologica l’essere umano intende l’arte, ma per ragioni di cultura ha smesso di capirla.”
G. M.: Il titolo della tua mostra “Tesi Antitesi Sintesi. Episodi di pittura” è già un testo. Ce lo puoi comunque spiegare?
R. B.: “Sono tre storie apparentemente non collegate tra loro, ma hanno una struttura grammaticale comune. Sono tre tempi che accadono allo stesso momento. Segnano la fine della modernità e l’inizio della contemporaneità. “Castillo Immerndorf” è un omaggio a Gustav Klimt; il “Fantasma” sono io (n.d.r. ride).. è una visione sui vizi del XX secolo; “Despues” sono visioni metropolitane, per la maggior parte di Buenos Aires, dove la figura umana scompare. Sono tre momenti artistici, tre storie, tre metafore proposte da una persona che guarda il tempo attuale senza sorprese, poichè gli inizi dei secoli sono sempre simili.”
G. M.: Oggi sembra che l’arte prediliga la sperimentazione come rifiuto di una tecnica. Non ci sono più i canoni a cui fare riferimento, perchè manca l’aspetto figurativo. Con Remo invece si apprezza anche quest’ultimo.
R. M.: “In Argentina mi considerano un artista concettuale, ma utilizzo le tecniche del Rinascimento. Sono un figurativo perchè disegno rappresentazioni che si capiscono. Concettuale per la maniera simbolica con cui dipingo. Per l’arte concettuale è fondamentale l’idea, ma per me anche la realizzazione pratica dello schema quasi matematico. Ogni mio dipinto è un piccolo progetto architettonico. Nell’opera inserisco le frasi che mi sono state utili durante il compimento. L’immagine si mantiene libera, innocente.”
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