Enza Van De Kamp tesse le ragnatele musicali di Alphabet, il venerdì notte del nuovo Rocket. Gioca con estro e abilità in console e regala chicche ’70 e ’80 style, impreziosite da contaminazioni electro e contemporanee. Iconica con il suo caschetto rosso acceso, lo sguardo da furbetta e una carica innata di simpatia. A tu per tu con una delle nuove dj di punta della nightlife milanese.
L’intervista a Enza Van De Kamp
Cosa significa essere dj?
“Penso che, oggi, per ognuno essere dj possa rappresentare mille cose diverse, dipende da dove stai guardando. Io la vedo così: amare la musica e avere l’opportunità di esprimersi attraverso il suono, confrontandosi con un pubblico e, perché no, guadagnandoci anche qualcosa.”
Cosa provi quando sei in console?
“Dipende molto anche dal mio umore. All’inizio sono quasi sempre in ansia, poi di solito mi sciolgo, mi diverto, mi emoziono.”
Essere donna ti ha aiutato o penalizzato?
“In Italia essere una donna raramente dà una marcia in più, a maggior ragione in un lavoro come quello di dj, interpretato quasi sempre da uomini. Di sicuro ha destato curiosità e, talvolta, stupore, perché ci si aspetta molto meno da una ragazza, ma penalizzato no!”
Se Milano fosse una canzone quale sarebbe?
“Sicuramente Flamboyant dei Pet Shop Boys.”
Quale vinile non può mai mancare nella tua valigetta?
“Ultimate Collection degli Eurythmics: c’è un pezzo per ogni momento!”
Quanto conta il web per il tuo lavoro?
“È fondamentale! Dalla musica, alla comunicazione: oggi si fa tutto sui social. Non credo che si possa immaginare di lavorare diversamente in quest’ambito.”
I tuoi dj preferiti?
“Ho un debole per l’old school: Carl Craig e Frankie Knuckles per me vincono.”
I tuoi locali del cuore in città?
“Mi sono totalmente innamorata del nuovo Rocket, ma è ovvio che sono un po’ di parte. E torno volentieri, quando posso, al Plastic.”
Cosa manca alla nightlife di Milano?
“Probabilmente un po’ di umiltà!”