28th

Marzo

Sette peccati per sette chef

L'unico modo per liberarsi di una tentazione è cedere ad essa“, sosteneva Oscar Wilde. Perché quindi resistere? Meglio lasciarsi prendere dalla Gola e dominare da Avarizia, Superbia, Ira, Lussuria, Accidia e Invidia? A fare i conti con i sette peccati capitali ci hanno pensato sette chef, che ne hanno fatto il fil rouge di un irresistibile viaggio nel gusto e nei sapori Made in Italy,il leitmotiv di un inedito itinerario gastronomico che attraversa lo Stivale da Nord a Sud e porta dritto dritto nelle cucine – e sulle eleganti tavole – dei ristoranti ospitati all'interno dei prestigiosi alberghi firmati Orient Express.

A Fiesole, a peccare di gola è lo chef abruzzese Attilio Di Fabrizio di Villa San Michele (dove segue anche la rinomata Scuola di Cucina), che ammette: “Sono una persona molto golosa. Un'esperienza di gusto unica è la crostata alla marmellata di more di gelso fatta in casa da mia moglie“. Tra i canali della Serenissima, lo chef Renato Piccolotto dell'Hotel Cipriani, da 25 anni prepara specialità veneziane autentiche: “La lussuria? Chi meglio del cioccolato può rappresentarla. Per cedere alla tentazione basta provare anche solo un cucchiaio di Nerone Soufflé servito nel Ristorante Fortuny”.

Sulla Riviera ligure di Levante, a Portofino, parla d'avarizia lo chef Corrado Corti, a capo della brigata di 22 persone nelle cucine del Ristorante La Terrazza dell'Hotel Splendido: “Essere avidi non è mai facile. Io lo sono quando si tratta di sfruttare al meglio i pochi ingredienti che uso quando cucino. Non potrei però mai rinunciare al timo, perfetto sia sulla carne sia sul pesce”. Poco lontano, lo chef Roberto Villa, patron del Chuflay Restaurant dell’Hotel Splendido Mare, a proposito di ira, dice: “A volte quando sono in cucina ho un'espressione 'arrabbiata'. In realtà, è il mio modo di restare concentrato. Il mio più grande peccato 'godereccio'? Senza dubbio la carne, accompagnata da champagne rosé”.

Nell'onirica cornice di Ravello, lo chef Mimmo Di Raffaele dell'Hotel Caruso propone una cucina genuina, semplice e fortemente legata al territorio: “Sono un creativo, un orgoglioso, un insaziabile di novità. Il piatto che più mi rappresenta è “Il Ricco e il Povero”: dove la nobile aragosta si accompagna alla plebea mortadella.” La Superbia? È nella sua ultima creazione, ovvero Tu vuò fa l'americano, a base di pane di sesamo, hamburger di tonno, insalata, patatine e salsa Caesar, un piatto veloce ma dall'anima napoletana. L'accidia sembra invece il peccato che si accosta meglio al siciliano Roberto Toro, executive chef del Grand Hotel Timeo di Taormina: “Come chef siamo sottoposti a grandi sforzi e di certo non possiamo permetterci di essere pigri”. È un artista che crea opere d'arte culinarie ispirate ai profumi e ai sapori della sua Sicilia Salvatore Gambuzza del Ristorante Oliviero di Villa Sant'Andrea. E se il piatto che più rappresenta la sua invidia è Spaghetti con aglio, olio e peperoncino, il Timballo Siciliano è la sua ricetta preferita. Da assaporare senza dover vendere l'anima al diavolo.

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