In principio è il verde, rilassante e smeraldino, a occupare la vista. Poi arriva lei, bella e altera, come una dama di bianco vestita. Villa San Carlo Borromeo è una splendida dimora storica a Senago, alle porte di Milano. Ma non solo. E’ un albergo a cinque stelle lusso dove tutto, ma proprio tutto, è un inno all’arte.
Lo si capisce ammirando le sale impreziosite da arredi d’epoca, oggetti ricercati e maestosi lampadari in vetro di Murano; dai prestigiosi quadri alle pareti delle gallerie che si snodano per la residenza, capolavori dei grandi maestri russi dell’Ottocento e Novecento nonché di artisti italiani e stranieri; dalle camere, mirabili compendi di gusto e raffinatezza con tanto di letti a baldacchino, tessuti pregiati, marmi e mobili antichi; e infine dal Museo interno, sito al primo piano, location per mostre temporanee, come quella che fino al 4 giugno rende omaggio a Sandro Trotti con “La celebrazione della vita” (aperto tutti i giorni, tranne il lunedì, dalle 10 alle 20).
Sono stati necessari più di vent’anni di restauro per restituire alla villa la sua originaria beltade. Acquisita nel 1983 dall’Università internazionale del secondo rinascimento, gruppo culturale presieduto da Cristina Frua De Angeli e finalizzato alla valorizzazione della cultura italiana nel mondo, è stata sottoposta a un recupero conservativo che ha coinvolto tecnici, storici, filologi, ingegneri, architetti e specialisti in un’impresa di attenzione e precisione.
Del resto una dimora siffatta meritava di essere riportata in vita. Lei, che nel Trecento appartenne ai Visconti, per poi passare ai Borromeo e divenire meta apprezzata da personalità del calibro di Leonardo da Vinci, Diderot, Stendhal, Manzoni, Verga, Pirandello e Ionesco. Lei, che ora regala ancora agli esteti del terzo millennio forti emozioni, con il suo meraviglioso parco suddiviso in due parti: un vasto pianoro dove svettano piante di ogni specie e una zona più bassa caratterizzata da essenze tipiche locali.
Profumi che seducono l’olfatto tanto quanto la cucina il palato. Al ristorante The City, lo chef Aristide De Vita delizia gli ospiti con specialità che spesso prendono spunto dalla tradizione meneghina. Ecco allora il risotto nelle sue molteplici declinazioni (ai pistilli di zafferano con ragù di fegatini di pollo, agli spinaci e taleggio, al ragù di capesante con bresaola croccante, ai carciofi e alle nocciole) e l’immancabile ossobuco con morbido puré. Ma De Vita non può prescindere dalla sua vena creativa. Pertanto a tavola arrivano prelibatezze che strizzano l’occhio alla fantasia: bomboniera ai gamberi e verdura, raviolone di mare con pomodoro fresco e basilico, pavé di branzino ai finocchi con riduzione di Campari, sogliola ricomposta ai porcini, puré di broccoli e salsa ai peperoni e petto di faraona ripiena alle verdure, patate schiacciate alle olive taggiasche, panissa e crema di pomodori secchi. Seppur giovane, la sua lunga esperienza ai fornelli si fa sentire, rafforzata da un periodo di lavoro al fianco di Alain Ducasse a Parigi.
Ottimi anche la selezione dei vini, provenienti da varie regioni italiane, a cui si aggiungono gli champagne, e il goloso comparto dei dessert che, sotto l’egida di un maître pâtissier, rasentano il sublime. Primi fra tutti i cioccolatini multiversione, le torte di frutta, il cremoso con salsa alla cannella e coulis di frutti di bosco e la bavarese al caffè con salsa al brandy.
Interessante pure la proposta del light lunch: tartare di tonno e avocado con marmellata di limone e menta e scottadito di agnello con caponatina di verdure al dolce basilico e sugo di carne al fior di timo.
Senza dimenticare il servizio banqueting e catering per eventi e cerimonie.