Non ci sono tatami. Bensì due comodissimi divani in tessuto color cacao sui quali accoccolarsi per rilassarsi. E poi sedute e tavoli in wengé, poltroncine in ecopelle testa di moro, soffitto con travi a vista e un lungo bancone in legno scuro con tanto di intarsi in stoffa a creare un bel gioco di consistenze e tattili movenze. Spaziosushi è un ristorante giapponese dalle suggestive atmosfere; un’oasi salottiera dove la cena si trasforma in una rigenerante pausa di benessere. Merito delle calde tonalità degli arredi e delle luci soffuse di lampade e candele, che avvolgono l’ambiente come in un sensuale abbraccio.
AURA DI CHARME – Qui, è la cura per i dettagli a fare la differenza. Sono gli ideogrammi ricamati sulle raffinate tovagliette e sulle divise di cuochi e camerieri (quasi tatuaggi sulle spalle) a ricordare che il protagonista è il prelibato sushi. È il sole rosso che fa da logo a comunicare uno spazio interamente dedicato alla cucina del Sol Levante. La rasserenante musica di sottofondo a scandire lentamente il tempo e le veneziane di fattura artigianale che rivestono le grandi finestre a dar vita a una dolce tenzone di luci e di ombre. Il titolare Roberto Vicedomini non ha voluto lasciare nulla al caso, al fine di realizzare uno spazio molto lounge, dove il gusto estetico occidentale potesse sposare a meraviglia i sapori tipicamente orientali. E c’è riuscito.
DI COTTO E DI CRUDO – Yu Lin (chef e patron, visto che è socio di Roberto) lavora il pesce e il riso in maniera impeccabile. Del resto, sono dodici anni che fa sushi. E la mano si vede. Anzi, le mani. Pronte ad arrotolare e farcire di un cuore pregiato uramaki e hosomaki. Oppure a realizzare nigiri, piccoli rettangolini di riso ricoperti di sottili strisce ittiche come tonno, toro, (ventresca di tonno), ebi (gamberi), amaebi (gamberi dolci), unagi (anguilla), salmone nonché ricciola e branzino, pesci mediterranei per eccellenza. Che ritornano nelle vellutate tartare e nei delicati carpacci. Da impreziosire, volendo, con un’ottima salsa di soia ingentilita da due tipi di sakè (uno normale e uno più dolce, il mirin) e racchiusa in candide ampolline in ceramica. Ideale anche per accompagnare i dragon roll (con gamberi, granchio e avocado) e i tiger roll (con gamberi, salmone e uova di salmone), così chiamati perché simili a un drago verde e a una tigre fulva. Ennesima prova di una grande attenzione alla bellezza del cibo. E al sapore. Che non incorona esclusivamente il nudo e crudo. Capita per lo “spazio sushi”, appetitoso mix leggermente fiammeggiato in superficie, il gyu tataki (carpaccio di manzo scottato), il giò (sorta di mini bigné incorniciato dal riso), preparato con pesce bianco tritato e butter fish scottato, e la kaisen salad, insalata di pesce misto, un po’ caldo e un po’ freddo. Per poi passare alle pietanze interamente cucinate, come i vari tipi di tempura (di gamberi, di verdure e misti), gli yaki tori (bocconcini di pollo in salsa teriyaki), la zuppa di miso (con alghe e tofu) e gli ebi shioyaki (gamberoni alla griglia). Insomma, un continuo duettare di cibi yin e cibi yang, in un girotondo di idee, buongusto e un pizzico di originalità.
SORSI JAP – In abbinamento a maki, sashimi, cirashi (riso e pesce serviti nella ciotola) e (su ordinazione) al tris speciale di aragosta (ovvero in tartare, carpaccio e sushi) si possono sorseggiare tè verde, sakè freddo e caldo, birre (Sapporo, Asahi e Kirin) e una selezione di vini bianchi e rossi. E per finire? Un Takara plum, digestivo a base di prugna.
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