A due passi dal blue indaco del Golfo di Policastro, incastonato in un verde assoluto, San Giovanni a Piro è, per fortuna, ancora nascosto al turismo di massa. Allora perché andare? La risposta è semplice: è un luogo incantevole per diversi motivi. Scopriamo quali.
LA LUCE DELLA STORIA – Una lenta passeggiata nei vicoli del paese è un’esperienza da non perdere: le splendide scalinate, gli archi a tutto sesto e gli antichi portali in pietra, arricchiti da iscrizioni, lapidi e stemmi stupiscono ad ogni angolo. Da visitare i reperti del X secolo come il Cenobio Basiliano, la cui abbazia, intitolata a San Giovanni Battista, fu fondata dai monaci italo-greci, o la più “recente” Chiesa di San Pietro Apostolo, a tre navate. Qui lo sguardo si blocca su alcuni capolavori come l’altare maggiore (datato 1765), la lapide del 1542 dedicata all’abate Teodoro Gaza, proveniente dal Cenobio Basiliano, e la bella acquasantiera in pietra locale risalente al medioevo. Da visitare pure la Chiesa di San Gaetano che, a dispetto del suo nome, fu edificata nel 1660 in onore di Santa Rosalia, dove si rimane a bocca aperta per le bellissime maioliche ottocentesche che arredano l’interno e per l’altare maggiore, completamente rivestivo in marmo e pietra, grazie a una raffinata tecnica d’intarsio. E per completare il quadro di estrema eleganza, il pulpito in noce, scolpito nel 1886 da Nicola de Belli. Poi, situato in una posizione invidiabile, immerso in una natura rigogliosa, c’è il Santuario di Pietrasanta, meta di pellegrinaggi e di festeggiamenti in onore della Madonna. Il primitivo tempietto, eretto intorno al 1200, sorge su un blocco roccioso con una vista mozzafiato sul Golfo di Policastro. Il luogo sacro è impreziosito all’interno da pitture e stucchi, mentre nella roccia è scolpita una figura che ritrae la Madonna che regge il Bambino in una mano e nell’altra un melograno, simbolo di prosperità.
DOVE LA DIETA MEDITERRANEA E’ DOP – Ma se l’arte fa la sua parte, si rimane stregati anche dalla ricchezza e bontà dei prodotti tipici del parco & dintorni, da scoprire e gustare nei ristoranti, negli agriturismi e nei bed & breakfast, sparsi ovunque nel territorio. Il pane, l’elemento principe della dieta mediterranea, qui declinato in panelle, paniellu e pane di Padula, è a lievitazione naturale ed è spesso cotto in forno a legna. Tra gli oli spiccano il Cilento dop, che abbraccia la costa e l’area sud-orientale e il Colline Salernitane dop, che interessa la parte settentrionale del parco. Deliziosi gli ortaggi, come il carciofo tondo di Paestum igp (dal colore verde con sfumature violette) e il carciofo bianco del Basso Tanagro. Non mancano i legumi quali il cece di Cicerale, ricco di potassio, e il fagiolo di Controne, dalla buccia sottile, noto per la sua alta digeribilità. Altri tesori da custodire e, ovviamente, da assaggiare sono i fichi e le castagne, come il Fico Dottato Bianco del Cilento (dal color giallo chiaro e dalla buccia rugosa) e il Marrone di Roccadaspide, che prende il nome dal paese che vanta il primato della produzione di castagne (varietà Nzerta e Abate).
DOVE IL CIBO E’ CULTO – La cucina è, ovviamente, quella del territorio, legata a specialità marinare e montane. Piatti a base di pesce e di carne, nel rispetto della tradizione e dei prodotti locali. Per cominciare, un antipasto a base di salumi autoctoni quali la pancetta, nella versione longa o longarella, un insaccato alquanto aromatizzato, conciato con il peperone dolce o piccante, o la soppressata di Gioi, un prodotto “antico” ricavato dalle parti pregiate del suino. Degne di menzione le alici di menaide (pescate con la rete di notte, tra aprile e luglio, catturando solo le alici di una certa grandezza) e la capra cilentana, una razza che vive soprattutto nel Parco del Cilento e del Vallo di Diano, cui fanno parte tre sottogruppi, distinti dal colore del mantello: grigia, fulva e nera. Super famosi, ma non per questo da dimenticare, i formaggi a pasta filata. E’ impossibile trovare un palato insoddifatto. Si passa dalla “classica” mozzarella di bufala alle scamorze, fresche o affumicate, dal burrino al cacetto farcito con il prosciutto crudo o le olive verdi. Da provare la “mozzarella nella mortella”, ovvero la mozzarella avvolta nei rametti di mortella, arbusto che cresce rigoglioso nel basso Cilento. Il tutto inaffiato dai vini pregiati come il Castel San Lorenzo doc e il Cilento doc.
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