26th

Gennaio

Un Lichtenstein più vero alla Triennale

Triennale si tuffa nuovamente nell’Arte Contemporanea con una retrospettiva su Roy Lichtenstein. Perchè una mostra su di lui? “Perchè è attuale – dice l’assessore Finazzer Flory non è un caso se i contemporanei come Yayoi Kusama (o lo stesso Damien Hirst, con i suoi Spot paintings, aggiungiamo noi) hanno fatto del punto la loro cifra stilistica. E poi Lichtenstein rivela uno humour, un senso ironico che l’arte contemporanea ha perso, perchè se la tira troppo: un campanello d’allarme, perchè significa che è troppo stressata“.

IL PERCORSO – Non aspettatevi una mostra antologica. Il curatore Gianni Mercurio, con lo stesso ruolo dietro le mostre milanesi su Andy Warhol, Basquiat e Keit Haring (tutte “brandizzate” Triennale), ha scelto un percorso tematico che punta sul Lichtenstein meno noto e “più privato“, spiega. Non aspettetevi nemmeno una gallleria dei comics più celebri: sui pavimenti delle sale si allungano le ombre delle sculture e alle pareti campeggiano le opere ispirate agli artisti più amati da Lichtenstein: Picasso, Mondrian, Klee. O i nostri futuristi: l’immagine simbolo di Meditations on art è Red Horsemen, tratto da Il cavaliere rosso di Carrà. “Il concept della mostra è ispirato a una frase che Lichtenstein mi disse – con una punta di amarezza – quando lo conobbi a Roma: Gran parte del pubblico mi conosce quasi solo per i fumetti e i puntini. In realtà ho fatto ben altro”. Continua: “L’obiettivo era raccontare ciò che davvero premeva a Lichtenstein: indagare l’arte come percezione visiva“.

A LEZIONI D’ARTE – L’artista aveva lavorato lungamente sulla percezione. Infatti, studiò arte attraverso il metodo particolare del flash lab: in una camera oscura venivano proiettate per poche istanti le immagini di opere d’arte e gli studenti dovevano lavorare sulle sensazioni che queste lasciavano. “La mostra si intitola Meditations on art e non è un caso: la produzione di Lichtenstein deriva dalla sua conoscenza dell’arte e sugli effetti della sua fruizione, in cui fondamentale resta il contatto con l’opera, piuttosto che la conoscenza mediata da un libro o da un catalogo“. Come dire: Lichtenstein è in città, approfittiamone.

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