L’UGOLA E IL CIGNO – Israele volge il suo sguardo all’orizzonte e ritrova cento anni di storia nell’arte, tracciata nella mostra Omanut – Israele arte e vita a Palazzo Reale da oggi fino al 7 gennaio 2007. Per festeggiare l’apertura di questo evento, il Teatro dal Verme ha ospitato un concerto di Noa. La cantante israeliana ha offerto alla platea un’esibizione memorabile, che ha testimoniato quanto la ricerca musicale tocchi ancora da vicino il Medio-Oriente. Ad aprire il concerto c’è il quartetto d’archi partenopeo dei Solis e poi arriva Noa: è in abito scuro, scalza, corpo esile, trasmette soavità. La sua terra viene fuori a pezzetti dalle prime canzoni: Yalda im Tzamot e Mishaela. Dall’ultimo album tira fuori I Don’t Know e Now Forget. La sua voce diventa più suadente quando intona Eye in the Sky per poi essere rapita dai passi di una danza vertiginosa. Cantando Motor Lullabies, Noa si trasforma in una libellula.
SHALOM, OMANUT– Nella seconda parte del concerto, è vestita di bianco e l’udito si consola con due cavalli di battaglia: la fragorosa Will You Dance With Me? e la dolcissima The Eyes of Love. “La prossima canzone me la cantava mia nonna. Discendo da una famiglia dello Yemen, sono scresciuta in America e poi sono tornata in Israele”, così introduce Yuma, pezzo incalzante che recupera memoria e tradizione. L’atmosfera è molto arabeggiante nell’interpretazione di brani come Poiceach, Keren Or, toccando persino punte di pop puro in Beauty for That. L’ultimo brano in scaletta è Shalom Shalom, ma il pubblico è così entusiasta che la richiama sul palco. Noa ha la voce di un’ugola raffinata e l’eleganza scenica di un cigno. Gran finale con Uri, Santa Lucia e La vita è bella. Ascoltare Noa che canta in napoletano è quasi una visione sublime per l’ascoltatore e così la canzone Santa Lucia diventa il ponte simbolico tra due culture, Occidente ed Oriente, mettendo in risalto il dramma dell’emigrazione. Intonando La vita è bella, colonna sonora dell’omonimo film di Benigni, Noa ci riporta a qualche riflessione: ad un popolo, alla sua terra, al fardello dell’Olocausto, alla frantumazione delle nostre coscienze. L’alito della storia è più forte del rumore delle bombe. Shalom, Noa.