Negli ultimi anni aveva mostrato una vena polemica nei confronti dello star-system discografico perché non gli dimostrava più abbastanza considerazione. Nell’epoca dell’usa e getta vi sono finiti tutti e le canzoni dei grandi cantautori, che in ogni parola custodivano gelosamente il vezzo di una poesia, sembrano roba di altri tempi.
Anche Sergio Endrigo se n’è andato, un’altra voce, un’altra storia, un’altra Italia. L’Italia “povera ma bella” che si innamorava con una canzone, si commuoveva dinanzi ad una melodia, impallidiva di fronte ad una nota stonata, l’Italia che aveva ancora il comune senso del pudore.
La malinconica “Aria di Neve”, la sbarazzina “Viva Maddalena”, la passionale “Canzone per te” o la romantica “Lontano dagli occhi” sono ancora galoppate sincere all’interno del nostro canzoniere. Mentre i nostri figli dichiarano i loro sentimenti con un sms o una banale suoneria, i nostri genitori si sono innamorati e amati su questi spartiti: soltanto per questo dobbiamo qualcosa a Sergio Endrigo.
Ma gli devono qualcosa anche i bambini perché il suo estro, nascosto dietro quella sua timidezza che qualche volta lo faceva apparire un po’ orso, ha dato vita alla famosa “Ci vuole un fiore”, piccolo inno alla vita scritto a quattro mani con Gianni Rodari.
Oggi si celebrano i funerali in Campidoglio a Roma. Le persone si dissolvono ma per fortuna restano le canzoni a farci compagnie, a farci rinnamorare, a farci rimpiangere con nostalgia gli amori perduti e magari, in una serata stellata di settembre, a farci ritornare la voglia di spingerci fino al davanzale della finestra e canticchiare:” Ma oggi devo dire che ti voglio bene, per questo canto, e canto te.
E’ stato tanto grande ormai, non sa morire per questo canto, e canto te”.
Arrivederci Endrigo, sognatore e poeta di un’Italia semplice e pulita, che purtroppo adesso non c’è più. Quell’Italia non mi appartiene per una questione anagrafica, ma la preferisco a quella di oggi.
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