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United Colors of Sanremo. I colori della bandiera arcobaleno, simbolo silenzioso, efficace, evidentissimo di una battaglia che Noemi, Irene Fornaciari, Enrico Ruggieri, Arisa e alcuni altri hanno portato sul palco della prima serata del Festival.
Una prima puntata dei grandi numeri (più di undici milioni i telespettatori su Rai Uno), di una Barbie Madalina bella che non balla (al solito), di un Ken Garko che se parla s’inceppa, quindi meglio se non parla. Di una campionessa di talento e comicità, VirginiaRaffaele, la vera protagonista, l’unica rivelazione, gioiello più brillante della serata – insieme all’immenso Elton John – in grado di scompigliare persino il naftalinatissimo pubblico dell’Ariston e un Carlo Conti che è sempre lui, né al di sopra e né al di sotto delle aspettative, né carne né pesce, solo abbronzatura, un bravo primo della classe che svolge bene il suo dovere.
Tanto stupore quanto gel sui capelli del bel Gabriel, invece, per la posizione della canzone di Noemi. La borsa di una donna, scritta da Masini, manifesto educato e pensato, che volutamente non fa capriole affinché tutto possa essere focalizzato sulla sua essenza, è a rischio eliminazione. Così come Dear Jack e Irene Fornaciari (per i quali ce ne facciamo una ragione tutti quanti) e per i Bluvertigo, e questo è un dispiacere. Il loro ritorno sarebbe la storia, se solo la voce di Morgan non fosse completamente evaporata nel nulla, un po’ come la sorte dei Jalisse dopo la loro vittoria (omaggiati insieme a tutti gli altri vincitori di tutte le edizioni nell’introduzione).
Interessante, ma già sentita, Arisa (nonostante il Pisolone che indossava, ve lo ricordate il sacco a pelo per bambini anni Novanta?), toccante gli Stadio, radiofonica Fragola, inosservata, almeno al momento, Caccamo-Iurato. Ruggeri si salva a pieni voti, Rocco Hunt ha rianimato una sala stampa addormentata dopo La corazzata Potemkin, ah, no, chiedo scusa, erano Aldo, Giovanni e Giacomo. Ma la corazzata Potemkin, si sa, è una… (cit).