PROLOGO – Date da ricordare, date da non dimenticare, da appendere al chiodo della memoria e capire che il passato e il futuro si incontrano all’orizzonte. Strano scherzo del destino. L’11 luglio di 24 anni fa l’Italia vinceva i Mondiali di Spagna, adesso gli spalti di San Siro sono strapieni di persone che intonano “Po-po-po-po-po-po” e sbandierano il tricolore perché non hanno ancora smaltito la gioia per la vittoria della Nazionale. Tuttavia, al centro dello stadio San Siro non c’è nessun pallone ma un palco gigante che attende una delle band che ha troneggiato la storia della musica di tutti i tempi: i Rolling Stones. Intanto, fuori dallo stadio, i più fiduciosi fanno affari d’oro. Fin dal tardo pomeriggio c’è un’inaspettata svendita di biglietti che mette in ginocchio i bagarini per la gioia di chi sostiene che un biglietto di un concerto non dovrebbe costare al di sopra di certe cifre eccessive. C’è chi riesce ad accaparrarsi biglietti per il prato a 30 euro e chi si accontenta del terzo anello per la modica cifra di 10 euro. Possibile? Gli Stones possono costare quanto un aperitivo a Milano?
IN PRINCIPIO ERA ROCK PURO – Il tempo si ferma sulle 21.12. Le luci sono spente. Su un maxi-schermo al centro del palco una sequenza di immagini sputa fuori una marea di oggetti che rotolano. Sotto il palco anche il popolo degli Stones sembra essersi addomesticato. Arriva la bufera, un signore ultra sessantenne che di andare in pensione non ne vuole proprio sapere. Si chiama Mick Jagger e la sua carta di identità ci dice che è un extra-terrestre, nel senso che viene fuori dal secolo scorso. “Ciao Milano, ciao Italia, ciao a voi campioni del mondo”, così rompe il ghiaccio il leader maximo della band anglosassone. Impugna il microfono con una grinta che non si vedeva da tempo e il pezzo Jumping Jack Flash apre uno dei concerti che Milano non dimenticherà mai più. E’ la forza onnipossente del rock ‘n’ roll, di un calendario che va all’indietro a quando il mondo musicale era diviso in due parte che tifavano per due band inglesi: c’era chi stava dalla parte dei Beatles e chi invece come Alberto di Bologna stava dalla parte dei Rolling Stones. “Li ho visti per la prima volta a Bologna nel ’65 – mi spiega questo garbato signore cinquantenne – e devo ammettere che non hanno perso affatto la grinta di allora”.
E POI IL VERBO DIVENTO’ MUSICA – L’atmosfera diventa sempre più calda e quando l’ammiccante Jagger intona Let’s Spend Night Together del lontano 1978 il pubblico inizia a cantare a squarciagola, lasciandosi andare sulla nuova track-list Streets of Love (peccato che anche gli Stones siano finiti in pasto al marketing di una grossa multinazionale) e la ballata romantica Con le mie lacrime, unica versione in italiano di un loro pezzo che adesso è una perla per i collezionisti. Un omaggio musicale al compianto Ray Charles e poi Keith Richards prende la chitarra per regalare due splendidi assoli.
E POI LA MUSICA FECE MUOVERE IL PALCO – E’ quasi l’apocalisse quando il primo anello vede avvicinarsi i Rolling Stones. Parte Miss you e una fetta del palco inizia ad avanzare lentamente verso il centro mentre il pubblico si gode Rough Justice e Under My Thumb. Piccoli girotondi iniziano a formarsi sotto il palco mentre i raggi assiepati di una luna piena accarezza il bagno di folla che li accompagna. Irresistibili Start Me Up e Honky Tonk Woman. Segue l’omaggio all’Italia campione del Mondo con la sequenza dei goal e un bis dominato dall’indimenticabile Satisfaction. Adesso, ritornando a casa, chi glielo dirà ai nostri padri che la generazione di Jagger e compagni ha ancora da raccontare, che senza essere patetica riesce a dimostrare che certe canzoni sono come il buon vino: più invecchiano e più acquistano densità di significato, ringiovaniscono al tempo stesso, restituiscono al futuro una depurazione di valori e ideologie, sogni e contraddizioni. Gli Stones ci hanno regalato una grande festa di Rock, con una gradita sorpresa finale: il saluto di Del Piero e Materazzi che hanno portato l’abbraccio di tutta la Nazionale. “Materazzi e Richards hanno qualcosa in comune – sussurra in italiano Mick Jagger – entrambi hanno avuto problemi di testa.” Fuochi d’artificio, lapilli di luce, schegge irrazionali per dirci che l’incantesimo è finito, che per una volta ci siamo sentiti invincibili perché abbiamo varcato la soglia dell’eternità. E se questo è stato un sogno, un sogno collettivo adesso appartiene a tutti. Teniamocelo stretto.