Lo sguardo è quello di sempre, magnetico e misterioso, malinconico e pronto a trafiggerti, come quello che Luchino Visconti per primo riuscì a catturare sul set de La caduta degli dei (1969). Allora Charlotte Rampling era una ragazzina di 23 anni, 28 quando girò Il portiere di notte, il film di Liliana Cavani per cui l’attrice inglese è ancora ricordata (nonostante una carriera con più di 100 pellicole). Oggi è una donna di 74 anni che porta incisi in quello stesso sguardo profondo e impenetrabile un mondo interiore segnato dal tempo e dal dolore che solo la vita a volte sa riservare. E che la avvicina al personaggio che interpreta magistralmente e in modo personalissimo nel nuovo film di Andrea Pallaoro (il regista di Medeas) Hannah, dal 15 febbraio nelle sale cinematografiche (Anteo Palazzo del Cinema e Cinema Centrale) distribuito da I Wonder Pictures. Al centro della pellicola, una donna la cui identità va in frantumi all’indomani dell’arresto del marito.
L’attrice britannica, musa anticonformista del cinema e della moda negli anni ’70, ha fatto tappa a Milano per presentare in anteprima al pubblico il film per cui è stata premiata con la Coppa Volpi alla 74° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Hannah poggia tutto sulle sue spalle, i suoi sguardi, i silenzi. È stato impegnativo immergersi in modo così totale nel personaggio e nel viaggio introspettivo che compie?
Il lavoro personale fatto con Andrea per il personaggio di Hannah è stato lungo, abbiamo passato in rassegna scena per scena fino alla conclusione del film. Poi Andrea lo ha sviluppato ulteriormente, portandolo là dove aveva bisogno di farlo arrivare. Ha aggiunto scene e dialoghi in modo che lo sguardo fosse corrispondente alla sua visione del film. Per me è fondamentale essere ricercata anche in base alla donna che sono. Questo è quello che mi fa sentire viva nel mio mestiere di attrice e mi permette di dare un senso a quello che faccio.
Hannah è stato scritto su misura per Charlotte…
Andrea Pallaoro: Il film è stato scritto per Charlotte fin dalla primissima parola. Se non avesse accettato la parte, non l’avrei mai realizzato. La sua è stata una collaborazione totale. Questa è un’opera che punta a esplorare il mondo interiore di Hannah, il mondo psicologico ed emotivo di questo personaggio. Il contributo di Charlotte è stato importantissimo, soprattutto nel cercare la chiave giusta per entrare sensorialmente nel personaggio. Volevo che lo spettatore riuscisse a calarsi completamente in questo meccanismo. È stato chiaro fin dall’inizio per me che Hannah era Charlotte.
Lei è per tutti un’icona di libertà: come si conquista?
La libertà non è qualcosa che si può inventare o imparare. Il desiderio di libertà, avere uno spirito libero, è un’esigenza vitale imprescindibile, un imperativo molto forte. Non puoi contrastarlo, se ce l’hai devi assecondarlo. In Hannah, per esempio, mi vedete in una scena di nudo. Non ho mai desiderato attirare l’attenzione attraverso la provocazione. È semplicemente il mio modo di fare. Sento di avere uno scarso legame con il mondo della recitazione e degli attori rispetto a tanti altri tipi di interpretazione della mia professione.
Quale è stato e quale resta il suo rapporto con il cinema italiano?
Andrea dice di essersi ispirato a me vedendo La caduta degli dei. E io ero profondamente ispirata da Luchino Visconti sul set del film. Il cinema italiano mi ha dato e insegnato tanto, ricordo anche l’esperienza con Liliana Cavani. E oggi ho fatto questa esperienza straordinaria grazie ad Hannah e al suo giovane regista italiano Andrea Pallaoro. È un rapporto che non si è mai interrotto.
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