A San Francisco c’è un sole. Una brezza leggiadra accarezza il mare che trascina i surfisti che trasformano la baia californiana in una costellazione di acqua salata. Il Golden Bridge primeggia sul panorama, mentre io in compagnia della mia guida Stati Uniti Occidentali della EDT/Lonely Planet, impeccabile bibbia del perfetto viaggiatore, me ne vado a zonzo per la città: da Union Square a Market Street, da China Town a Haigh Ashbury, il luogo dove alla fine degli anni sessanta sbucarono i figli dei fiori. Mi piace soffermarmi a parlare con la gente per farmi raccontare qualcosa, in questa città affascinante presa d’assalto dai senza tetto. “I barboni aumentano sempre di più – mi spiega Nina, di professione casalinga – perché le istituzioni li assistono con un sussidio mensile. Io non ho niente contro di loro ma potrebbero impegnarli a fare dei lavori socialmente utili. Non ti pare? In questo modo non pagheremmo inutilmente le tasse…”
Mentre mi avvicino al Golden Bridge mi incanto davanti alle onde del mare mentre Anne, agente immobiliare, mi racconta un pezzo della sua vita: “Sono inglese e sono arrivata in questa città quando avevo vent’anni. Non so spiegarti ma è come se San Francisco mi avesse rapita già prima di conoscermi. Da ragazza ribadivo a mia madre che un giorno avrei lasciato l’Inghilterra per la città californiana. Adoro soffermarmi ad osservare in silenzio il mare, come stiamo facendo adesso io e te”.
Tuttavia, nel mio itinerario c’è una meta che rappresenta l’orgoglio dell’immigrazione italiana nella sconfinata terra dell’ovest americano. Nel cuore di North Beach c’è il delizioso Caffè Trieste, che ha visto passare per sorseggiare il miglior cappuccino d’america grandi nomi: da Bill Crosby agli scrittori della Beat Generation tra cui Jack Kerouac; da Mimmo Modugno a Gianni Morandi, da Nilla Pizzi ai politici più illustri dell’american way of life. Il mito di questo locale è iniziato più di mezzo secolo fa, quando il triestino Giovanni Giotta – da tutti conosciuto come Papà Gianni – si è trasferito con tutta la sua famiglia qui a San Francisco per portare oltreoaceno la migliore tradizione del caffè italiano.
Col passare degli anni, il pioniere dell’Espresso del litorale dell’Ovest ha trasformato qeste quattro mura in un piccolo impero affollatissimo, dove dal 1970 ogni sabato è di scena The Caffè Trieste Saturday Concert dove viene eseguita musica dal vivo con un repertorio di classici della canzone italiana e napoletana. Papà Gianni, che ha superato gli ottant’anni un pezzo, ha una voce davvero splendida e il pubblico accorre per sentirlo cantare. Non da meno sono la moglie Ida ed i figli Fabio e Sonia che continuano la tradizione di famiglia. “La mia vita è stata una bella avventura – mi racconta Papà Gianni – e ne sono davvero fiero. Chiunque è passato al Caffè Trieste, se lo è portato nel cuore per sempre. Mi manca molto mio figlio Gianfranco, scomparso pochi anni fa per un male incurabile, a cui abbiamo dedicato un bellissimo cd con le sue più belle interpretazioni dei classici di tutti i tempi”.
Il sapore di quel cappuccino, la forza di vivere di Papà Gianni, i valori di quella famiglia, il ricordo straziato di quel figlio che non c’è più, l’atmosfera autentica del Caffè Trieste di San Francisco è rimasta scalfita nella mia memoria come un tatuaggio. La sera, salito su un autobus che mi portava dall’altra parte della California, ho ripensato a quel pomeriggio ed ho acciuffato una stella cadente in memoria della voce che usciva dal mio cd portatile: quella di Gianfranco Giotta che cantava la vita al di là del cielo. Mi sono assopito mentre alle mie spalle scompariva la baia di San Francisco per convincermi sempre di più che i viaggi ci aiutano a crescere, a dare un senso alla nostra breve esistenza, qualsiasi sia il costo da pagare.
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