2nd

Marzo

Una casa di Bambola

Nora Helmer ha più di cento anni, di una signora non si dovrebbe dire, ma non li dimostra, anzi è più giovane che mai e deve la sua forma smagliante al suo chirurgo estetico: Giuseppe Marini.
Il regista fa muovere su un quadrato da improvvisazione teatrale, il perfetto meccanismo ideato da Ibsen nel 1879, dove Nora appare velata di nero, come la signora Ponza di pirandelliana memoria e, come lei, interrogata su quale sia la verità, pare dica al pubblico: “Io sono colei che mi si crede”.

Così è Nora: lodoletta e bambola per il marito, Torvald Helmer, amica generosa per la signora Linde, vittima da ricattare per il procuratore Krogstad, donna desiderata in segreto per l’amico di famiglia il dottor Rank..
Perfetto il gioco vorticoso di tutti i personaggi intorno alla Casa di Bambola in cui Nora trova rifugio fino al suo crollo, fino a quando lei non accetta più di essere quello che credono gli altri, ma decide di scoprirsi e partire per il viaggio faticoso per il quale ognuno di noi deve partire nella speranza di trovare se stesso.

L’eroina di Ibsen, anche fuori dalla narrazione scenica è stata per anni ciò che ha voluto credere la società borghese che a teatro assisteva alla sua storia e alcuni la vollero scandalosa, prima, e altri, dopo, protomartire del femminismo di là da venire.
Grazie a questa seducente messinscena della Compagnia del Teatro della Cometa e alla titanica recitazione del gruppo di giovani attori, Nora riconquista quel luogo in cui un personaggio non è né uomo né donna, ma solo un “essere umano come gli altri” che reclama il diritto alla sua identità, alla sua libertà, al suo viaggio in fondo alla verità di se stesso.
Fino al 13 Marzo al Teatro sala Fontana.

di Marcello Sinigaglia

Teatro Sala Fontana

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