Intervista al giovane chef Luca Natalini, a cui è stato affidato il ruolo di governare la cucina del Pont de Ferr, che ha da poco riaperto dopo il lockdown. Un nuovo menu con piatti sia classici che moderni, oscillando tra tradizione e modernità
Nell’arco di poche settimane Luca Natalini è passato dallo sconforto totale a una ritrovata euforia. Verso fine aprile il giovane chef toscano aveva abbassato per sempre a malincuore la claire di Autem, ristorante gastronomico aperto un anno fa a Langhirano (PR), messo in ginocchio da due mesi di lockdown. Chiusa una porta, se ne è aperta un’altra, anticipata da una telefonata importante. Dall’altra parte della cornetta c’è Maida Mercuri, storica proprietaria del Pont de Ferr.
La ‘Signora dei Navigli‘ (qui una nostra intervista) gli propone un colloquio di lavoro per stabilire se affidargli la regia nella cucina del suo locale in vista della riapertura a seguito di una lunga e sofferta chiusura causata dall’emergenza Covid. Detto fatto, le due parti s’incontrano, il feeling è istantaneo, e per Natalini inizia ora una nuova avventura lavorativa che sicuramente inciderà molto sulla sua crescita professionale.
Luca Natalini ben arrivato a Milano. Com’è stato l’impatto con Maida Mercuri?
Favolosa, Maida è una potenza di energia ed è in grado di trasmettere alle persone buono umore e voglia di fare. Se ho scelto a Milano è anche perché mi è stata offerta la possibilità di lavorare al suo fianco. L’intesa tra noi due è stata perfetta fin dal primo giorno. Il 26 maggio ho fatto il colloquio di lavoro, il 27 mi ha affidato la cucina del ristorante, il 30, che era il giorno del mio trentunesimo compleanno, il Pont de Ferr ha riaperto. Lei si fida molto di me e penso di essere in grado di ricambiare questa fiducia, perché lei un’opportunità per contribuire alla crescita della mia carriera.
Tu cosa sapevi del Pont de Ferr prima di accettare l’incarico?
Che era gestito da una bravissima imprenditrice. Ho sempre seguito l’evoluzione del locale soprattutto quando c’era Matias Perdomo che, per me, rappresenta uno degli chef più talentuosi in circolazione. I complimenti che mi ha fatto di persona lo scorso anno, in occasione del concorso San Pellegrino Young Chef (Perdomo era uno dei giurati, ndr), rimangono ben impressi nella mia memoria. È stato un gesto che mi ha riempito di orgoglio ed emozione.
Passiamo alla cucina: cosa proponi in questa tua nuova esperienza milanese?
Un mix che ondeggia tra tradizione culinaria e proposte gastronomiche, perché la mia idea è accogliere una clientela trasversale, che ha come unico desiderio quello di stare bene e rilassarsi dopo tante settimane di quarantena. Voglio valorizzare le ricette: da quelle un po’ più gourmet ad altre più classiche che magari rileggerò a modo mio.
Stai pensando a un novo piato dedicato proprio a Milano?
Ci sto lavorando da alcune settimane, lo sto mettendo a punto. So che me lo chiederete quindi anticipo la domanda: non posso svelare ancora la ricetta. Mi limito a dire che ci sarà il midollo di vitello e non sarà a base di riso.
Quali sono i piatti must che il cliente troverà nel menu?
Non mancherà come primo piatto la mia Pasta in Bianco cucinata con vermouth alla prugna, aceto e miele. È uno dei miei cavalli di battaglia, così come il Piccione con Salsa di Gin e l’antipasto Cavallo e Ostrica.
Il dessert da tenere d’occhio invece è?
Consiglio la mia rivisitazione della Zuppa Inglese che farcisco con dell’alkermes che è un liquore unico della mia terra toscana.
Il Pont de Ferr ha aperto a fine maggio: che primi riscontri avete?
Abbastanza alternanti. Notiamo una maggiore affluenza a pranzo piuttosto che a cena. Non la conoscevo prima, non avendo mai vissuto a Milano, ma mi sembra che la zona dei Navigli in settimana sia ancora abbastanza vuota, mentre in questi weekend direi che appare molto frequentata. La sensazione, in ogni caso, è che siamo ancora in una fase di transizione e, personalmente, ritengo che ci vorranno almeno un paio di mesi prima che la maggioranza dei ristoranti, e non solo Al Pont de Ferr, ritornino a lavorare in normalità.
Per chiudere: Milano come ti accolto?
Alla stragrande e ho subito respirato quell’atmosfera di sentirsi come a casa. Il tutto ben consapevole di essere arrivato in un momento molto delicato e complesso per la città. Ho comunque subito percepito quel grado di estrema ospitalità che proverbialmente contraddistingue questa bellissima metropoli.
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