In piena emergenza sanitaria interviene la didattica digitale e la necessità delle lezioni e della scuola online. Da una parte, un modo per non interrompere un percorso educativo già avviato. Dall’altra, però, le mille difficoltà del caso. Anche quelle più banali, a cui non si penserebbe mai…
Sabina è un’insegnante di un Istituto Professionale, una prof di quelle che lasciano il segno. John Keating – Robin Williams – del film L’attimo fuggente, per capirci. In questo periodo di emergenza sanitaria e quindi di didattica digitale per più di otto milioni di studenti in Italia, ho voluto riflettere con lei su cosa c’è di buono e sulle difficoltà del caso. Ostacoli che sono enormi e che sono, a volte, anche i più banali, a cui non si pensa facilmente perché tutto, oggi, è così ovvio e scontato.
Non solo metodi diversi, ma anche i giga che finiscono (chi l’ha detto che tutti gli alunni di tutte le scuole devono avere il wifi a casa?) o il fatto che i nativi digitali sono “spettatori passivi e per niente smanettoni“. Non è così strano, dunque, trovarli in difficoltà davanti a una piattaforma.
Cos’altro ci può insegnare questa esperienza? “La scuola che uscirà da questa vicenda, come tutti noi, sarà diversa. Mi auguro di trovare una scuola con il concetto di relazione al centro, anche se non credo che avverrà. Mi sembra di capire che tutti puntano al famoso programma che non esiste, a dover caricare i contenuti, si richiedono prestazioni ma non si mantengono le relazioni“. E poi ancora: “Può essere però una grande sfida, potranno venire fuori, magari, dei laboratori sul campo per una scuola nuova. Io vorrei vederla così. Anche se mi accorgo tutti i giorni con tristezza di quanto sia poco incisiva in questo momento“.
Prof, a proposito di didattica digitale, quali difficoltà?
Le difficoltà sono enormi, almeno per una scuola come la mia che è un Istituto Professionale. La didattica a distanza è complessa e prevede l’uso di strumenti non sempre facili da usare. Soprattutto se gli studenti non sono attrezzati. C’è un enorme divario e il digital divide è l’elemento discriminante. Non solo fra scuola e scuola, fra liceo e istituto, ma anche fra alunno e alunno.
Ci sono studenti che hanno il wifi a casa e genitori al loro fianco che possono aiutarli con l’uso dei device, delle piattaforme e degli strumenti. Molti altri, però, tutto questo non ce l’hanno. Siamo piombati da un giorno all’altro in una situazione di emergenza che sia i docenti sia i ragazzi non sanno gestire al meglio. Molte scuole erano già attrezzate con piattaforme digitali già sperimentate, in altre scuole questo non c’è mai stato.
I ragazzi si sono trovati immersi in un mondo sconosciuto, sconosciuto anche ai docenti che hanno dovuto inventarsi dei modi per lavorare.
Cosa bisogna fare, allora, per mantenere un rapporto?
Io mi sono inventata alcune cose, perché credo che la didattica sia fondamentalmente relazione e che, come ci insegnano le neuroscienze, l’apprendimento passa attraverso la motivazione e la relazione. Mi sono chiesta di più come mandare ai ragazzi la mia didattica e non tanto il cosa. Questo è il rischio delle piattaforme, dove c’è uno scambio di contenuti, di testi e di compiti, ma se fai un laboratorio di scrittura e di lettura, ad esempio, questo non basta.
Opto per le lezioni video su Skype, lo strumento che molti miei alunni, per la maggior parte stranieri, avevano già. Funziona, permette la visualizzazione dello schermo del pc, preparo del materiale. Cerco di fare la lezione dialogata, su Skype funziona poco ma almeno ci provo.
Altra cosa che mi sono inventata sono gli audio messaggi. Dando delle istruzioni, chiedo loro di mandarmi le impressioni sui testi in formato audio, che subito commento singolarmente. Questo strumento è quello che funziona di più. Li uso anche per correggere i testi scritti che mi mandano con fatica, ma vedo che la correzione orale aiuta a rimanere più vicini.
L’altro problema della didattica digitale è che gli insegnanti devono adeguarsi. O si fanno dei corsi ai docenti per saper usare le piattaforme oppure ognuno usa un sistema diverso, a parte chi le piattaforme già le usava. I ragazzi si sono trovati così a dover gestire richieste diverse su canali diversi e non è una cosa facilissima. Ci sono colleghi che caricano tutto sulle aule virtuali, altri che usano le mail, chi preferisce il rapporto diretto, gli stimoli sono così diversi che lavorare è davvero molto complicato.
Questo tempo sospeso dovrebbe far riflettere anche noi docenti sulla didattica che facciamo, cosa è veramente importante insegnare? Come vogliamo arrivare a questi ragazzi?
<<Purtroppo, molti alunni non hanno le possibilità di rimanere connessi, banalmente i giga del cellulare si esauriscono, alcuni li stiamo perdendo>>
La mia scuola fa un grandissimo lavoro di recupero individuale di ogni alunno. Chiamiamo personalmente gli alunni e le famiglie chiedendo dove sono, cosa fanno, come mai non erano in videochat, perché non hanno mandato i compiti e così via. Non tutte le scuole fanno questo lavoro. Io sono fiera perché la mia lo fa, ma non è così dappertutto e il rischio di perdere certi studenti è molto alto.
Un altro grande problema è la valutazione. Non possiamo controllare tutti i ragazzi. Bisogna ricordare anche che ormai il pc non lo usa più nessuno, i ragazzi, alla loro età, usano solo il cellulare. E questo è un problema. Con il cellulare si fanno molte cose ma molte altre no. Ancora, bisogna essere molto smanettoni ma i ragazzi di oggi non lo sono.
<<Questi nativi digitali sono tutt’altro che smanettoni, sono utenti passivi di un mondo social che nemmeno riescono bene a dominare>>
Il Ministero ci ha detto che ci tocca tenere in piedi la scuola. Una scuola che per la prima volta “brilla per la sua assenza”, nel senso che tutti si accorgono che serve a qualcosa proprio perché adesso non c’è. È il luogo in cui stanno tutti i nostri ragazzi per la maggior parte del giorno e adesso che non c’è tutti si domandano che cosa dobbiamo fare. Una domanda da tenere presente per il dopo.
E sulla valutazione, dunque?
Non ho modo di vedere quanto è incisiva la mia didattica, quindi non posso valutare. Non posso dare esercizi visto che non sono lì a spiegarli. La valutazione ora è molto delicata, il Ministero ha detto di fermarci, cerco di dare degli input. Apro dei canali podcast e leggo per gli studenti, tutti i giorni, una poesia o un racconto. Lo faccio per tenere le fila di un discorso aperto: sono quella che legge in classe tutti i giorni a voce alta e continuo a farlo anche così.
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