24th

Gennaio

Tano Simonato

È stato fra i primi a valorizzare l'extra vergine come prezioso ingrediente e imprescindibile alleato in cucina. Tanto da volerlo accanto al proprio nome nell'insegna del suo ristorante di Via Villoresi, 16. Gaetano Simonato, chef stellato di Tano passami l'olio, ha un vero e proprio feeling con l'oro verde. Come un “piccolo chimico” dell'ars culinaria, ha dedicato anni di studi al condimento mediterraneo per eccellenza, trasformando la sua passione in una ricerca gastronomica in continua evoluzione. Capaci di abbattere ogni barriera fra il dolce e il salato e fra il solido e il liquido, i suoi piatti sorprendono per la creatività e per il meraviglioso equilibrio che esula da ogni confine o etichetta, esplodendo in un armonioso tripudio di sapori. Tano, come lo chiamano tutti, è un vero personaggio, un uomo schietto, diretto e simpatico. Uno di quelli che non esita a darti del barlafüs per scherzare. E ci piace così.

Hai iniziato le prime sperimentazioni in cucina da ragazzo, per accudire i tuoi fratelli. Possiamo dire che hai fatto di necessità virtù?
Direi di sì. Mia mamma era una ristoratrice, il suo approccio riprendeva la tradizione milanese e lombarda: lei non voleva cimentarsi nella cucina creativa e io non volevo preparare la cassoeula. Certo, volevo fare il cuciniere, ma sono sempre stato a favore dell'innovazione e della creazione.

E poi hai esordito come bartender. La tua passione per l'olio deriva dall'amore per le liquide creazioni?

Possiamo considerarlo un naturale proseguimento. Negli anni '90 ho creato il primo Martini Solido, un mix di Gin, acqua, Martini Dry, zucchero e colla di pesce per gelificare.

E l'olio come è entrato nella tua vita?
La cucina ha delle regionalità e dei punti fermi come qualità e ricerca degli ingredienti, ma è tutto migliorabile. La mia filosofia gastronomica consiste nell’alleggerire qualsiasi ricetta e conferire ai piatti un gusto ben definito. Da qui, nel 1991, nasce la scelta di usare esclusivamente l’olio extra vergine come elemento principe per cucinare.

Una bella sfida. Come ti sei preparato?
Ho alle spalle 20 anni di studi da autodidatta sull'olio. Ho dovuto apprendere nozioni di chimica di base per conoscerne la struttura molecolare e quindi le proprietà. Per cucinare utilizzo sempre tre tipologie di olio, a seconda della preparazione: uno leggero, uno medio e uno forte. Usato a freddo e a crudo, inoltre, mantiene la sua struttura molecolare intatta e conserva tutte le sue caratteristiche organolettiche. A differenza del burro, l'olio più è buono e più fa bene. I grandi chef francesi riconoscono nella bontà l'elemento primario, mentre oggi siamo arrivati a concepire piatti che non eludono il gusto, ma che fanno anche bene.

È la prerogativa della cucina contemporanea?
Esatto, oltre alla ricerca e alla creatività, è importante dare all'ospite una cucina salubre.

L'olio può essere definito un vero e proprio alimento?
Come alimento fine a se stesso lo devi interpretare in maniera subdola, perché è necessario condividerlo con un altro elemento. Per capire come è strutturato va degustato da solo, ma senza niente intorno non serve a nulla: è fondamentale abbinarlo ad altro per chiudere il cerchio e ritrovare l'equilibrio perfetto.

Tu prepari addirittura i dolci con l'olio: fai un tortino al cioccolato senza farina né burro che è la fine del mondo…
È vero, la ricerca e la capacità di trovare formule adatte mi hanno fatto capire che è possibile fare i dolci senza burro, ma con l'olio: sono molto più digeribili. Il tortino al cioccolato ha una base di crema inglese al profumo d'arancia con arancia candita. Uso il cioccolato fondente, l'uovo, lo zucchero e un extra vergine leggero, capace di condividere la scena con una presenza discreta.

Se dovessi scegliere due piatti da portare sulla luna?
Porterei la pasta al pomodoro con basilico e Parmigiano e il crottin de chèvre in glassa di zucchero al profumo d'arancia e Caldiff con aceto balsamico e tartufo (uno dei suoi piatti-signature, ndr), perché sono quelli che mangio più volentieri.

E se Milano fosse un piatto?
Sarebbe una paella con dentro tutto (carne, riso, pesce, verdura, pasta), perché è la città d'Italia che ti può offrire tutto e la devi saper cogliere nel modo migliore. Diciamo che è un pot-pourri, anche se non è il mio genere perché io ho bisogno di definire i sapori.

E che sapori! Tano delle meraviglie mi fa assaggiare una sfilata di creazioni gourmet che vanno dalla pizza rivisitata, a base di passata di pomodoro cotta al forno, gel di basilico, pane croccante, olive e farina di mozzarella, all'avvolgente tiramisù di seppia con mascarpone e patate; dal goloso gambero rosso di Mazara croccante, ripieno di crescenza con cannolo di pelle di latte con sesamo nero ripieno di zolfini, al sorprendente uovo di cristallo su letto di riso nero mantecato alla parmigiana e foglia d'oro, top di tartufo bianco e farcitura di tuorlo d'uovo e maionese di albume e patate; dal piccione laccato con pera cotta in Porto al vino rosso e frutti di bosco alla torta della nonna scomposta, una vera poesia per il palato. Oltre a una degustazione di oli, con tanto di spiegazione del processo di vaporizzazione. Ma non sarà un po' troppo? “Mangia, che te s'è bèla istèss”, risponde Tano. Nessun problema, se lo dice lui…

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