Un viaggio nel parco delle Foreste Casentinesi, fra la Toscana e l’Emilia Romagna. Per ascoltare il canto notturno degli animali e per una vacanza immersi nel silenzio della natura
La stagione dell’amore viene e va, questo è Franco Battiato (che, guarda caso, pare abbia trascorso alcuni suoi periodi di villeggiatura proprio tra le Foreste Casentinesi). La stagione dell’amore dei cervi viene verso metà settembre e va un paio di settimane dopo. Sono i giorni e le notti del cervo nobile e del lupo del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi Monte Falterona e Campigna, 36mila ettari di maestosa, fiabesca, profumatissima e silenziosa foresta divisa fra la Toscana e l’Emilia Romagna.
Una delle aree boschive più grandi d’Europa, che l’UNESCO ha inserito nel Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Si estende lungo la dorsale appenninica e scende fino al fondovalle dell’Arno. Un’oasi di pace, perfetta per un fine settimana lontano dal caos cittadino, per chi ama fare escursioni a piedi, in mountain bike, a cavallo o con gli sci da escursionismo, d’inverno, totalmente indisturbati: gli abitanti dei vari borghi, sparsi qua e là, sono, in totale, circa 1500; ben 600, invece, i chilometri dei sentieri.
La stagione dell’amore, quella di Battiato, si presta perfettamente all’imponenza del parco. Il brano in questione apre il tredicesimo album del cantautore, Orizzonte perduti, incentrato sul malessere del vivere in città e su una sorta di ricerca verso soluzioni come il riposo, le alternative, la musica. Il riposo, qui, inevitabilmente, fa da padrone. Le alternative rappresentano un modello di vacanza diverso: spirituale, adatto a tutti, per chi sceglie di dormire in una delle foresterie dei monasteri, dei santuari e dei luoghi di culto del parco. Oppure a stretto contatto con la natura, per chi non riesce a resistere al canto del cervo. E poi la musica, beh, se non è musica questa.
Il censimento del cervo in amore
Durante il censimento del cervo nobile al bramito, di cui si è appena conclusa la XI edizione, più di 500 persone provenienti da ogni parte d’Italia si riuniscono nel parco per ascoltare e registrare il verso del maschio adulto e in amore di questa specie. Si fa di notte, per tre ore consecutive, negli angoli più selvaggi delle foreste. Chiunque può partecipare al censimento (qui per le iscrizioni e il regolamento). Veterani e neofiti testimoniano il numero, la distanza e la direzione dei possenti bramiti, al fianco di guide esperte, nell’assoluto silenzio. Solo con la luce delle stelle e di una fioca torcia frontale, con un thermos e una bevanda calda nello zaino (via i cellulari).
In questo bosco, e là ‘ve questo monte/ È più frondoso, un dio, non si sa quale/ Ma certo abita un dio. (Virgilio, Eneide)
Il silenzio è interrotto dai ghiri che bisticciano, dalle volpi, curiose, che si avvicinano, dal battibeccare dei Merli dal collare e di mille altri uccelli. O dalle foglie che scricchiolano perché un cervo adulto, tra un bramito e l’altro, si avvicina incuriosito a pochi metri da qualche pattuglia, per capire chi siano quegli intrusi nella notte. Nulla di spaventoso, tutt’altro. Malioso e affascinante. Adrenalinico quando, al termine, si passa al lupo appenninico: è il momento di analizzare il rilievo sperimentale della sua presenza (a molta distanza, state tranquilli). Comincia il wolf howling e i branchi rispondono all’emissione amplificata degli ululati registrati in precedenza. Probabilmente sono i cuccioli che richiamano mamma lupa, sicuramente c’è qualcosa di ammaliante, che quasi ti fa sollevare da terra.
Il bosco delle fate e i luoghi di culto: il parco fiabesco
Impossibile descrivere a parole il tourbillon sensoriale che provoca il bosco delle fate, altra tappa obbligatoria per chi visita il parco. Un percorso ad anello – poco più di 4 chilometri – che gira intorno al masso su cui si erge, a picco, il Santuario della Verna dedicato a San Francesco, con il monastero, la foresteria dove alloggiare e una vista sulla natura della Toscana che non si dimentica.
La sensazione è quella di entrare all’interno di una favola e allora non si può non cominciare con il classico C’era una volta: un gruppo di briganti squattrinati che, molto tempo fa, qui nel Casentino, vivevano di rapine a danno dei viaggiatori. Non dimenticavano, però, di lasciare una parte del bottino all’antica dea Laverna, protettrice dei furfanti.
Le rocce tra le foreste, un tempo ottimi nascondigli per i malfattori, oggi sono parte dell’immacolata scenografia di un percorso sensoriale, da compiere in silenzio, tra la ricca biodiversità della foresta della Verna. L’abete bianco emana un profumo esagerato, i massi si aprono in caverne, le ghiacciaie creano un surreale effetto geyser. Non stupisce se all’interno di una buca di questa foresta millenaria si precipita all’improvviso il Bianconiglio, inseguito da Alice, entrambi diretti verso il Paese delle Meraviglie.
Altro polo spirituale da visitare è l’Eremo di Camaldoli, circondato da selve di abeti, a poco più di mille metri d’altezza. Oggi, qui, risiedono 9 monaci benedettini che seguono una severa filosofia di clausura; qualche curva più in giù, il monastero con la foresteria, l’antica farmacia dei monaci e la chiesa che custodisce alcuni capolavori del Vasari: l’artista del Cinquecento italiano passava qui le estati e il suo talento rapì i benedettini, allora, e incanta i turisti, adesso, che visitano il complesso.
Cos’è cos’è che fa andare la filanda…
Il Parco Nazionale è anche un luogo in cui riscoprire il fascino dei mestieri di una volta e l’importanza delle tradizioni. Nel borgo di Stia si consiglia la visita al Museo della Lana, all’interno del lanificio, oggi centro della cultura tessile di questo territorio. Una cultura da Oscar: il tradizionale panno casentino, con i colori tipici, arancione acceso e verde bosco, è usato per fare cappotti esportati in tutto il mondo, apprezzati dai più grandi stilisti del Made in Italy e indossato da Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany. Chiedete del modello Audrey, nelle boutique.
A Pratovecchio Stia, invece, c’è tutto il fascino della Toscana montana. Il Molino di Bucchio ospita un ecomuseo con antiche macine in pietra. Vale la pena fare una visita, per scoprire storie curiose, mai sentite, seduti al tavolo di un’antica cucina posta sopra il vecchio molino. C’è anche un impianto di acquacoltura, uno dei più antichi in Italia, dove una cooperativa di giovani guide ambientali si occupa della conservazione e della tutela delle specie d’acqua dolce a rischio estinzione (coop. in.quiete). Lo fa con dedizione e con amore, il sentimento di partenza, di una stagione cantata dai cervi nobili, con il loro verso, o dai cantautori.
Informazioni utili:
Come arrivare:
In Toscana il Parco è raggiungibile con la A1 (Milano-Roma), ai caselli di Barberino del Mugello, Firenze e Arezzo. Per maggiori dettagli: parcoforestecasentinesi/come arrivare
Dove mangiare:
Ristorante Falterona, Stia
Locanda dei Baroni, Camaldoli
Ristorante Mater, Moggiana di Poppi
Agriturismo Nuova Era, Chiusi della Verna
La Foresta, Badia Prataglia
Dove dormire:
Foresteria Eremo Camaldoli
Per tutti gli alloggi del parco clicca qui
Da visitare, anche:
La pieve di Romena
Poppi e il Castello dei Conti Guidi, di prima costruzione medievale, con la torre e le sue stanze ricche di opere d’arte e antiche scritture; al termine, si consiglia una passeggiata per il piccolo centro storico del borgo.
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