Il mio umore è variabile come i suoni emessi dal pianoforte. Temperamento grave, acuto, profondo, dipende dalla mano che lo suona. A volte i momenti vissuti sembrano non andare a tempo e ci vorrebbe proprio la struttura al neon di Fontana per rendere la realtà finalmente riconoscibile, illuminata dall’alto
C’è una stanza di casa che ormai è diventata la mia isola deserta. Non è la mia camera ma un piccolo regno che mi sono ricreata vicino al soggiorno. Lì trascorro le mie giornate, scrivo, studio, guardo le nuvole immaginarie nel soffitto. Creo mosaici con il sole che entra dalla finestra. Il tutto mentre compio il gesto compulsivo del chiudere e aprire velocemente l’evidenziatore. Una lampada di quelle regolabili punta il suo occhio flou sull’astuccio straboccante di penne poco funzionanti che dovrei buttare. Oltre agli inchiostri emerge anche una scatola di caramelle vitaminiche al gusto limone dichiarato, ma in realtà al sapore di arancia. Ad ogni modo, quando chiudo la porta e rimango nella mia postazione, sento di essere in una bolla fluttuante. Mi vengono in mente molte idee e allo stesso tempo mi sento priva di iniziative coraggiose. Il mio umore è altalenante, cambia con la stessa velocità di quando arriva la sera d’inverno.
Alcune mattine mi sveglio positiva, altre negativa, come un’altalena vado avanti e indietro, tra angoscia e serenità. Senza motivi concreti cambio stato d’animo con facilità e ondeggio come la fiamma di una candela accesa. Il vento si alza, è il momento di tirare su la vela. Per combattere la mutevolezza che nasce in realtà da una routine sempre uguale, recentemente mi sono comprata un calendario. Appeso al mappo della chiave che chiude il mobile, con le date ben in vista, mi ricorda gli obiettivi che mi sono prefissata per quel giorno. Banale quanto utile per più pianificazione durante settimane alienanti che ho ancora la speranza di modificare.
Per ogni ombra una luce che la procura
La Struttura al neon, realizzata da Lucio Fontana nel 1951 per il soffitto della IX Triennale di Milano, nel 2017 viene ospitata dalla fondazione Pirelli HangarBicocca.
Con il suo segno fluorescente l’opera sorprende il visitatore dall’alto che si muove in uno spazio pieno pur nella sua carenza di materialità. Un esempio classico di ciò che Fontana ha chiamato “ambiente spaziale”, in cui viene superata le divisione tra architettura, pittura e scultura. Il filo dall’alto appare contorto ma unito e ricorda lo strano umore del momento, il futuro incerto, quel tutto così complicato che è alla ricerca di un anello di congiunzione luminoso.
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