Racconto una serata alla Scala vissuta in una modalità inedita durante tempi difficili. Fotografo una realtà che insegna l’eccellenza con gentilezza. Il teatro diventa subito emblema dell’operosità, della collaborazione, dell’impegno esercitato per far trionfare la propria passione. Una fessura luminosa nella nebbia e una sveglia che dice: l’arte, qualsiasi essa sia, purifica l’anima e non bisogna rinunciarvi
Scesa dal taxi e appoggiati gli stivali black sulla pozzanghera invisibile do inizio alla mia serata al Teatro alla Scala. Una tecnologia evoluta, riposta all’entrata, misura la temperatura e l’effetto è un po’ quello dello specchio della matrigna delle favole con una piccola variazione nel finale. Arrivi davanti al monitor e chiedi guardandoti negli occhi: specchio specchio delle mie brame mi è consentito entrare? Passato il controllo procedo verso le scale fino al raggiungimento del palchetto nella quarta galleria. Numero 17, una porticina conduce al grande panorama.
Mi affaccio subito verso la platea. Dall’alto mi sporgo per avere risposte da quel prolungamento architettonico complice dell’evasione. Mi ha ricordato il caro balcone durante il lockdown. Mi risiedo, sento quel profumo del legno delle sedie ornate di stoffa pregiata. Colori caldi tendenti al beige autunnale trovano la loro interruzione nel rosso vivo dei rivestimenti. I dettagli dorati rendono tutto ancora più iconico e lo spettacolo può iniziare.
Ho assistito all’Aida di Verdi sotto forma di concerto. Per evitare interazioni tra i personaggi non consigliate durante la pandemia, si è deciso di mettere la musica al centro. Che armonia, che pace, che equilibrio dimenticato. Le pagine degli spartiti sembrano collegate ad un sistema elettronico vista la precisione con cui senza ritardo vengono sfogliate. Determinazione, studio, rigore. Le bacchette dei violini si muovono insieme quasi come gli stormi delle rondini nel cielo senza pioggia. Dietro gli strumenti vite umane che da sole forse avrebbero meno intensità. Per questo decidono di affidare il loro talento ad un mezzo e condividerlo. Anche gli applausi degli spettatori hanno un qualcosa di musicale, sotto le mascherine che creano un mosaico di colori tra le sedute, tutti immaginano i sorrisi degli altri.
Camminando si apre il cammino
Chiudo poi gli occhi a metà della rappresentazione, con i tacchi sonori tengo il tempo della melodia, penso alla calma ritrovata, a quell’attimo di bellezza e genuinità che mi mancava. Finito tutto, riprendo un taxi, entro a casa, tolgo il cappotto bagnato dal mio ombrello chiuso male e mi ripeto che è importante, sempre, trovare la propria fonte di serenità, che è sano prendersi dei momenti di pausa, godere dell’arte, del talento vero. Tutti meritiamo il bello, come averlo? Con la forza di volontà, l’entusiasmo e la solidarietà.
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