C’è chi la chiama “la poetessa bambina“, chi si conserva i pensierini che ogni settimana pubblica su una nota rivista femminile, quel che è certo è che dal 1972 Vivian Lamarque scrive versi e libri per bambini densi di candore e leggerezza, senza rinunciare ad aderire alla realtà. Il suo ultimo libro è Poesie per un gatto (Mondadori, Euro 12,00), un poemetto dedicato al dialogo tra Lei ed il suo gatto Ignazio. Ma da quel chiccherare, nasce una riflessione sulla vita di ogni giorno, sull’amore e la morte.
Con i suoi versi riesce a descrivere la realtà quotidiana con semplicità e grazia. Come si fa a mantenere il cuore aperto alla bellezza e alla poesia, anche in una città caotica come Milano?
“Più la bellezza ci è negata più la cerchiamo disperatamente. Se non la trovo la invento”.
Lei è cresciuta a Milano, c’è un luogo della città dove Le piace tornare? Uno in cui magari trova ispirazione?
“Ho avuto la fortuna di vivere sia la periferia che il centro. Ho frequentato le elementari alla Rinnovata, sotto il ponte della Ghisolfa cantato da Testori; le medie in via Spiga e le superiori a Palazzo Dugnani, dove avevamo per vicino lo Zoo, durante le lezioni ascoltavamo…le sonore chiacchere delle foche”.
Una volta disse di avere “l’infanzia in corso“, riuscire a restare bambini dentro è un’attitudine o piuttosto una ricchezza che si deve accumulare con l’esercizio quotidiano?
“Chi non trovasse più il proprio bambino dovrebbe cercarlo, tentare di ridestarlo, io devo compiere l’operazione opposta, tenerlo a bada, addormentarlo un po’”.
Il Comune ha deciso di affiggere alcuni manifesti con i versi di alcuni poeti, come Gozzano, Kavafis, Dickinson. Lei dove vorrebbe scrivere i suoi versi?
“Anche una ventina d’anni fa il Comune affisse poesie, ma di poeti viventi; delle mie scelsero Il primo mio amore. Dove vorrei trovarle oggi? … dappertutto!”
Nel suo ultimo libro Poesie per un gatto, affronta il delicato argomento della morte. C’è un tema che non sente nelle sue corde e di cui non scriverà mai?
“Non credo ci sia; e comunque quello che non mi detta poesie oggi potrebbe diventare tema domani”.
Qual è la parola più frequente nelle sue poesie?
“Forse gli aggettivi gentile e lontano, sarebbe interessante verificarlo, col computer si può fare ma non sono capace”.
C’è un poeta che oggi Le manca particolarmente?
“Quando ti manca un poeta, basta aprire un suo libro. Anzi no, non basta, mi mancano per esempio Sereni e Raboni che mi scoprirono, mi manca Raffaello Baldini e tanti altri”.
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