È appena uscito nelle sale un film che certo non si preannuncia come lo “sbaragliatore” al botteghino. Eppure il film che segna il ritorno all'attività di Giuseppe Piccioni, Giulia non esce la sera, è un esempio di buon cinema italiano. Guido (Valerio Mastandrea) ha una vita in cui sembra finito per caso più che per volontà: è uno scrittore ma non sa perché; ha una moglie, una figlia, a cui concede spazi solo marginali… Incontra Giulia (Valeria Golino), un'istruttrice di nuoto che ogni sera deve tornare in carcere per aver ucciso l'uomo per cui anni prima aveva abbandonato la famiglia. Non vi diciamo l'esito della storia, ma ecco le parole che abbiamo raccolto dagli attori, dal regista e da una “special guest” che aiutano a capire meglio il film.
Valerio, qual è la tua interpretazione di Giulia non esce la sera?
V.M. “Penso che il film sia il racconto una situazione molto contemporanea: l'incontro tra due solitudini diverse, ma in qualche modo uguali. Soltanto insieme possono diventare qualcosa, ma perché questo accada c'è bisogno del coraggio di amare. Affrontare l'amore è una di quelle cose che fa più paura, ma chi riesce ad amare con lealtà, vince. A Guido e Giulia non riesce e questo spiega perché il film va a finire come va a finire”.
E del tuo personaggio che cosa pensi?
V.M. “Guido è un uomo che non si prende responsabilità, non sceglie mai, anzi, si lascia illuminare dalla figlia adolescente. Per come vivo io il mestiere di attore, credo che personaggi così siano molto interessanti da interpretare, specialmente quando nei film in cui compaiono non vengono “salvati”. Però, al di là del giudizio “professionale”, personalmente non piacciono i tipi come lui. Purtroppo oggi, nella nostra società, non si fa molta fatica a incontrare persone come Guido”.
E invece tu Valeria come vedi questi due personaggi?
V.G. “Il pubblico forse giudicherà più duramente Guido che Giulia. Lui diventa l'emblema della mollezza morale dell'uomo moderno, ma non dimentichiamo che Giulia ha ucciso un uomo. È schiacciata da un senso di colpa che non arriva dall'assassinio, ma dall'abbandono della figlia. Detto questo, Giulia si caratterizza soprattutto per la sua mancanza di dimensione: lei esiste solo in acqua. Nelle scene in cui è fuori dalle mura del carcere (dove comunque ha trovato dei riferimenti) o dalla piscina, sembra non esistere più, sembra sfibrarsi”.
La parola al regista, ora. La piscina ha un peso importante nel film, del resto, in qualche modo campeggia anche nella locandina. Perché questa decisione?
G.P. “Come spesso accade, è nato tutto un po' per caso, in un momento in cui in piscina ci andavo io e spesso. Così ho cominciato a pensare a questo luogo come ad una zona zona franca, di incontro tra le due solitudini di cui parlava Valerio, un luogo concreto e astratto che durante la scrittura del film è andato arricchendosi di significati.”
Oltre ai protagonisti, anche i personaggi comprimari sono a tutto tondo. Fermiamoci a parlare degli adolescenti, che nel film sono la figlia di Guido e il suo fidanzatino, oltre alla figlia di Giulia: sembrano quasi più fermi degli adulti, più forti, più sicuri. Davvero ci si rovina diventando grandi?
G.P. “Non so, ma volevo sottrarre i ragazzini dal loro destino che li vuole raccontati come se fossero una parodia di loro stessi. Nel film sono le figure dei tre adolescenti ad avere qualcosa in cui credere, e ad avere il coraggio di farsi e fare delle domande, e in qualche caso ad avere anche delle risposte.”
Spicca la colonna sonora, curata dai Baustelle. Cosa ci puoi dire a riguardo?
G.P. “Non è stata una collaborazione decisa a tavolino, ma un progetto vero e proprio di colonna sonora. Sono stato un attento ascoltatore dei Baustelle, poi ho avuto l'occasione di conscere Francesco (Bianconi, n.d.r.) e abbiamo parlato tanto di musica, gli ho fatto leggere la sceneggiatura ed è venuto a trovarci sul set, ne è nata appunto una felice collaborazione. O almeno, spero che anche lui ne sia stato felice!”
Chiediamo direttamente a Francesco dei Baustelle allora. La canzone “simbolo” del film è Piangi Roma, in cui canta anche Valeria Golino. Com'è andata?
F.B. “Sì, anzi: nei primi due cd dei Baustelle scrivevamo all'interno del disco “siamo disponibili a scrivere colonne sonore“. Non ci ha mai chiamato nessuno. Neanche a farlo apposta, quando abbiamo tolto l'appello, ci è capitata questa chanche. Tutta la lavorazione è stata un'esperienza felice ed emozionante, così come cantare insieme a Valeria, che non ha avuto problemi nemmeno in sala d'incisione, quando ha dovuto cantare davanti a 30 persone. Quando capita a me, invece non voglio nessuno presente: sbatto tutti fuori, mi viene un'ansia…”.