Un divano che è un divano e non un letto. Si è da poco concluso lo spettacolo a La Casa 139, che Folco Orselli, bluesman italiano dal buon gusto, ha tenuto insieme a Pepe e Pancho Ragonese, Marco Vaggi e Giovanni Giorgi. Ci hanno raccontato le storie della “follia” di alcuni dei più grandi jazzisti dei primordi, colorando di racconti la magia della tromba di Chat Baker e le danze del piano di Thelonius Monk, per fare solo alcuni nomi.
Un divano verde, morbido, io e Folco togliamo le scarpe e incrociamo le gambe come si fa quando ci si prepara ad ascoltare un racconto, lasciando che esistano solo le parole e le immagini da esse suggerite, per volare con la mente. Pur partendo da domande apparentemente assurde, si possono scoprire molte cose interessanti su una persona.
Folco, cosa pensi dei divani?
“I divani sono posti dove ti capita d’esserci. A volte accade che ti ritrovi a dormire su un divano, magari a casa di amici. Un divano letto, che poi può non trasformarsi in letto, perchè hai così sonno che ti ci butti sopra così…senza lenzuola.”
E quindi il divano può essere visto come cosa mutevole, in evoluzione, al contrario del letto che è solamente letto e perciò statico…
“Eh, sì…”
Che divani presferisci?
“Quelli che non fanno caldo da sotto. Per esempio, questo, fa caldo. A quelli di pelle, invece, rischi di appiccicarti, se non hai un lenzuolo che faccia da intercapedine. A volte finisci arrotolato nel lenzuolo come una mummia…”
Qual è il posto più strano o scomodo dove hai dormito?
“Dormo malissimo seduto. Per dormire devo avere una certa inclinazione che mi consenta di appoggiare bene indietro la testa.”
In treno riesci ad addormentarti?
“Dipende da quanto sonno ho. E’ strano addormentarsi lì perchè, a volte, quando ti svegli, trovi di fronte a te una persona che prima non c’era e rimani spiazzato, sul momento.”
Tra una battuta e l’altra Folco se ne esce col dire “Stando qui seduti senza scarpe, coi calzettoni, ci manca solo la cucina economica in ghisa…”
L’immagine suggerita è carina e rimanda a quando i nostri nonni cucinavano su queste stufe e scaldavano le scarpe nello sportellino dove si scaldava pure il pane. Ti piacevano le fiabe da piccolo?
“Mi piacciono tutt’ora. Anzi mi piacciono di più adesso, perchè le capisco. Da piccolo, alle fiabe classiche, preferivo quelle che mi inventavo io. Creavo storie legate ad oggetti, a cose che cambiano, si trasfigurano. Le fiabe istituzionali sembrano fatte apposta per il sussidiario.”
Sorseggiamo io un vino, lui un birra…
Che tipo di vino potresti essere?
“Credo un Brunello toscano, date le mie origini anche toscane…un vino un po’ acidulo, dato che non c’è molto gusto a essere un vino buono. L’acidità nel vino è importante, un minimo bisogna conservarla. Se trovi la persona malvagia che ti beve, essa merita di sentire solo la tua acidità, mentre la dolcezza emerge con chi la merita. Ogni tanto è bello pure sapere di tappo…”
E del sapere del tappo cosa mi dici?
“Aaah…il tappo nasce larghissimo nell’albero, poi è costretto nel collo della bottiglia finchè non viene liberato. Il botto che si avverte quando si apre una bottiglia è l’urlo di liberazione del tappo che inizia una nuova vita. Può essere gettato, ma anche riutilizzato e reinventato. Chi non ha pescato, da bambino, con un galleggiante fatto con un tappo?”
E il bambino che eri dove lo conservi?
Mi guarda fisso e mi rigira la domanda “Tu dove la conservi la bambina che eri?”
Gli rispondo che la tengo in un ricordo che ho di un sorriso, che mi aiuta a ritrovare la forza per andare avanti anche nei momenti tristi e ritrovo quel sorriso in un bellissimo animale dalle candide piume, che accompagna la mia vita. Risponde, così, Folco “Tengo il mio bambino dentro di me, penso che sia dentro agli occhi. Negli occhi conservi la memoria di come hai visto le cose da piccolo.”
Com’eri da piccolo?
“Facevo un sacco di facce.”
Nelle canzoni usi un linguaggio un po’ scurrile, consono ai personaggi di cui parli. Dici le parolacce nella vita?
“Mi hai sentito dire qualche parolaccia ora?”
No…
Passiamo così a discorsi su D’Annunzio e approdiamo a parlare dell’equilibrio.
“L’equilibrio è uno stato che è bello perchè è momentaneo. Prendi un’equilibrista: va da un punto all’altro e ogni tanto finge di cadere per poi ritrovare l’equilibrio. Anche nella vita vi sono dei momenti in cui sembra che cadi e poi ritrovi l’armonia. E’ importante vivere armoniosamente ciò che ti è stato dato, forse pure la follia.”
Concordo…il volo ti affascina?
“Molto. Sono un provetto volatore onirico. Anche nei sogni puoi imparare a non ripetere gli stessi errori.”
Che rapporto hai col sonno?
“Buono. Ritengo che si debba dormire almeno dieci ore per notte.”
Il sonno e i sogni affascinano pure me. Sarei curiosa di vedere un pesce dormire…
“Io l’ho visto, in una delle mie immersioni. Sono fermi e ci metti molto a svegliarli.”
Prima, durante lo spettacolo, parlavi della solitudine. Come la vedi tu?
“Non sono di indole solitaria. La ritengo una condizione molto evoluta, è un equilibrio nel tempo e non ha tempo. Per me è legata alla musica. Quando scrivo devo essere solo, ma non lo sono poichè c’è la canzone che sta prendendo vita.”
Sempre sul palco, notavo che, nell’interpretare i brani, hai delle bellissime movenze soprattutto di mani. Che rapporto ha il tuo corpo con la musica?
“Naturale. Il corpo è al servizio della storia e non mi accorgo di come mi muovo.”
La sua birra è finita e, anche se potremmo proseguire per ore, lasciamo che i nostri discorsi trovino riposo…almeno per il momento.
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