Essere visionari in musica non è un limite, anzi è una lente in più per concedersi liberamente al suono. David Byrne è stato ed è un visionario, qualche volta così trendy da far gola all’universo letterario di Oscar Wilde, spesso così multimediale da far forza in un gioco futurista e scorazzare oltre l’elettronica. Altro che frottole modaiole: lui e Brian Eno si sono buttati a capofitto nell’avventura dei Talking Heads nei ruggenti anni ottanta, dove dietro l’apparenza c’era poco contenuto, perché erano i tempi in cui era facile prendere abbagli. Quella generazione, la mia generazione, di languide cottarelle musicali ne ha prese tante e qualche cantonata se la porta ancora sulla coscienza.
DAVID BYRNE A MILANO – L’incontro tra il pubblico del Dal Verme e David Byrne è stata una scialuppa di salvataggio perché c’è qualche sopravvissuto che merita ancora di essere ascoltato e raccontato. “Non vorrei essere poco professionale, ma stasera fate tutte le foto che volete. Anzi usate pure il cellulare o inviate una mail. Dopotutto avete pagato il biglietto…”, esordisce così in elegante abito bianco l’ex Talking Heads. Si parte con un show intimo che a lungo andare diventa irresistibile ascesa dai ritmi elettronici, risvolti tribali e sound metropolitano. Tra le coreografie dei ballerini e i minimalisti giochi di luce avanzano i pezzi tratti da Everything That Happens Will Happen Today, il nuovo album scritto a quattro mani col fidato Eno: My Big Nurse, Everything that Happens, Strange Overtones, I Feel my Stuff.
VOLI A RITROSO – Qualche volta Byrne prende fiato su canzoni lente e melodiche, pretesto per scivolare verso il passato dei Talking Heads, dove la memoria era già futuro perché tracciava una nuova urbanistica dell’architettura musicale, da Help me Somebody a Born under Punches, naufragando sul bis con Take me to the River e The Great Curve. Più di novanta minuti di buona musica, ma il pubblico spera fino alla fine che avvenga il miracolo: Brian Eno non esce sul palco, ma aleggia come un fantasma per tutto il concerto in una collettiva resurrezione sonora. Questa volta concediamoci pure il lusso di continuare a condividere questa performance, depurandoci dai cialtroni capricci da revival musicale.