La fine di una fase, un momento di passaggio verso una nuova vita. Lo staff creativo sta già lavorando per la nuova location
Il Plastic trasloca. London Loves, il sound electro-rock, House of Bordello, la leggerezza e le paillettes, Match à Paris, la ricerca musicale targata Nicola Guiducci. Venerdì, sabato, domenica: le tre serate simbolo della movida cittadina, quelle del Plastic. I tre volti di quello che, dal 1980, è il club per eccellenza della nightlife meneghina. Il Killer. Plastico. Con la sua inconfondibile insegna colorata di luci al neon, calamita naturale per outfit studiati e novelli esteti in cerca di notturne ispirazioni. La vietta dove tutti fumano. Con il bar dei Cinesi -come lo chiamano gli habitué- dove si va a sbevazzare prima di entrare nelle ambìte sale, fra specchi, divanetti sfatti e insegne evocative. Il weekend del 9, 10 e 11 marzo 2012 è stato l’ultimo in Viale Umbria: la fine di una fase, un momento di passaggio verso una nuova vita. Lo staff creativo sta già lavorando per la nuova location. Si dice che si riaprirà nel corso di aprile in zona Ripamonti. Faccio due chiacchiere con Luca Crescenzi, il distinto door selector, colui che stabilisce “chi è degno e chi non lo è”. Art director, graphic designer nonché event coordinator, sorride dietro i suoi baffetti beffardi, con quello sguardo che scruta, analizza e sentenzia. Lui, tappa vivente obbligata per l’ingresso nell’Eden.
Intervista a Luca Crescenzi
“Nell’88 sono arrivato a Milano. Venivo da Alessandria, ero un provinciale -racconta. Non mi sentivo degno di varcare le soglie del club amato da Fiorucci e da personaggi cult della Milano notturna. Per me era un luogo inarrivabile. Un giorno, non senza sacrifici, comprai un costoso cappello nel negozio che Nicola Guiducci (una delle anime musicali del Plastic, ndr) aveva in Ticinese, The Institute. Per me aveva un significato speciale: come se fosse un lasciapassare per entrare nel club plastico. E così fu. Iniziò la mia avventura. Nel frattempo – era il ’94 – iniziai a fare selezione al Pervert e, fra gli avventori, feci entrare anche Sergio Tavelli, personaggio illustre del Plastic che, memore della vicenda, mi richiamò nel 2005 per esercitare lo stesso ruolo, proprio nel suo club.”
Ma in questi trent’anni com’è cambiato il pubblico del Plastic? “É in continua trasformazione, un po’ come tutte le cose. Non sono uno di quelli che rimpiange i primi tempi, non sono malinconico. Il Plastic, come tutti i locali, ha vissuto momenti d’oro, ma anche momenti d’ombra, come la seconda parte degli anni Novanta. Dal 2000 si è molto ripreso. Ci attende ora una nuova avventura, di certo la nuova location sarà in parte simile a quella odierna, ma non vuole essere uguale. Chiusa una porta si apre un portone e tutti continueremo a dare il nostro contributo per impreziosire con nuovi sensi l’universo della notte“.
…una nuova vita
Staremo a vedere, non senza curiosità. La Stryxia, Wertmuller, Tavelli, Guiducci, Simon Cuz, papà Lucio Nisi e Luca Crescenzi in questi anni hanno creato una sinfonia visiva, un quadro postmoderno, senza tempo, dall’allure decadente. Molti di noi queste notti le hanno vissute, amate, criticate, rivalutate, sospirate. Molti di noi queste notti hanno contribuito a renderle speciali con un accessorio ricercato, con un trucco che omaggia il personaggio di un film, con un bacio rubato nel privè, un sorriso scambiato con uno sconosciuto, uno sguardo ammiccante sotto i funghi che riparano dal freddo durante l’inverno. Chi parla di trasgressione ha colto ben poco l’anima del Plastic, che è un osservatorio, un microcosmo, un luogo non luogo. Una grande installazione vivente dove si indossano, con molta consapevolezza e un filo di pazzia, maschere pensanti che raccontano la vita.