In provincia di Lecco, un eccentrico conte volle fare del paese di Consonno la Las Vegas della Brianza. Oggi è un’affascinante città fantasma
<<Conosci il Paese dei Balocchi? È una vera cuccagna!>> Dice Lucignolo al suo amico Pinocchio. Ed è quello che io, che vi sto scrivendo, domando a voi che avete appena cominciato la lettura di questo articolo. Certo, il regno dei piaceri inventato da Collodi è noto a chiunque, ma ne è esistito uno anche nel comune di Olginate, in provincia di Lecco, creato da un conte eccentrico, una sorta di Mangiafuoco, solo un po’ più visionario. Consonno, sul Monte di Brianza, è stato un Paese dei Balocchi a pochi passi da Milano. Una sorta di Las Vegas italiana, ora città fantasma. La frazione è altrettanto fiabesca allo stato attuale, anche se il fascino di oggi ci sposta da Collodi all’ultimo Tim Burton, noir, surreale, onirico.
Il conte che fece di Consonno il Paese dei Balocchi
Andiamo con ordine. Benvenuti a Consonno, a un’ora e venti circa di auto da Milano, curioso – e visitabile – paesino abbandonato (negli anni Venti contava 300 abitanti) adocchiato, nel periodo del boom economico italiano, dal conte Mario Bagno, ‘Grande Ufficiale’ che fece della zona un luogo di perdizione autentica. Il nobile e imprenditore volle soddisfare un suo capriccio: costruire una mecca del gioco e del divertimento alle porte di Milano. Detto, fatto. È il 1962, fuori tutti gli abitanti (mai aumentati nel frattempo), giù tutti gli edifici. Al via i lavori per realizzare la Las Vegas della Brianza.
Le ruspe dell’impresa del conte Bagno buttarono giù tutto quello che trovarono (lasciando solo il cimitero e la chiesetta, presenti ancora oggi) e sulla strada per Consonno, ad accogliere i nuovi visitatori, furono installate delle enormi insegne, lì ancora adesso, arrugginite e decadenti, secondo cui A Consonno è sempre festa, oppure Consonno è il paese più piccolo ma il più bello del mondo. Ecco perché: sorsero locali e ristoranti, una pagoda cinese, un castello medievale, un albergo di lusso – l’hotel Plaza – e un minareto, l’edificio più imponente del borgo, con una torre che “Tutti avrebbero ammirato”, secondo il conte. Una struttura a forma di moschea come luogo d’incontro, con ai piedi una grande galleria commerciale e con di fronte una gigantesca fontana che emetteva scenografici getti d’acqua.
E poi ancora una balera per andare a ballare e un night club, slot machine, un campo di calcio, uno di pallacanestro, uno di tennis, uno di bocce, uno di golf, una pista per pattinaggio, un luna park e uno zoo. Un trenino panoramico e un “missile Bagno”, come il cognome del conte, a forma di pagoda e con una canna di un cannone sul tetto, a rappresentare la volontà di lottare contro il trascorrere del tempo. Doveva esserci addirittura un circuito automobilistico. Altro che Paese dei Balocchi. Collodi, stai leggendo?
Da Paese dei Balocchi a città fantasma
Le ruspe, si scriveva. Proprio le ruspe – e le continue piogge – causarono la terribile frana del 1976, che distrusse la cittadina, isolandola dal resto del mondo. La favola finisce qui, oggi Consonno, appunto, è una città fantasma.
Si raggiunge percorrendo una strada in salita, nel mezzo di un bosco, ci si allontana dal mondo per arrivare a una sbarra oltre alla quale non è facile proseguire con la macchina. Ora tocca a Tim Burton: la sensazione che si ha è un po’ quella di sentirsi come la sua Alice appena capitata a Wonderland, l’atmosfera e i colori sono gli stessi, lo stupore, anche.
Si viene catapultati nel silenzio di un gigantesco set cinematografico – è davvero spesso usato come set fotografico per shooting o servizi -, abbandonato (tenuto in vita solo alcuni giorni dell’anno grazie all’associazione Amici di Consonno, con eventi e con l’apertura della locanda) ma pieno di graffiti tra i muri e tra gli edifici crollati o mai completati. Oppure gli archi arrugginiti, i divani lasciati lì e mai più recuperati, le scalinate decadenti, i vecchi banconi dei bar, tutto ciò che resta di quelle lussuose abitazioni e di quel sogno franato.
Un’avventura così inquietante da essere irresistibile. Coloratissima, come gli spray dei murales. Ci si accuccia per entrare da una parte, ci si stupisce mentre si esce dall’altra. Il gotico Stregatto potrebbe comparire da un momento all’altro. Se lo notate, fotografatelo. Tutti quei muri abbandonati e diventati tele per i writers sono lo scenario perfetto per uno scatto.