La chiamano tartare. O bistecca alla tartara. Nome probabilmente mutuato da un'antica usanza in voga fra i Tartari, guerrieri dell'Asia Centrale, che, non potendo cucinare la carne, la “preparavano” ponendola (e ammorbidendola) fra la sella e il dorso del cavallo. Un metodo un po' “barbaro”, certo lontano dalle raffinate tecniche cui va sottoposta la tenerezza in rosso. Spesso proposta nuda, cruda e pura, oppure rielaborata in ricettine più stravaganti.
PURA – Rigorosamente battuta al coltello, la tartare del Porca Vacca è di nobile taglio: il filetto di manzo. Una pietanza delicata e leggermente piccantina, preparata dallo chef Alessandro Chiesa. Eccola allora al centro del piatto, suggellata da fiori (filini) di peperoncino e incorniciata dai suoi condimenti, serviti in mini ciotoline bianche: senape, salsa verde, limone, acciughine, capperi e tuorlo d'uovo, non crudo, ma quasi alla coque. Così da poter giocare liberamente con gli ingredienti e cambiare gusto a ogni boccone. Battuta a punta di coltello è pure la tartare di fassona del Revel, ideata dallo chef Gabriele Locatelli, ingentilita da senape antica, sale di Maldon e olio extravergine toscano, infine guarnita da germogli di porro, songino e pomodorino. Solo olio extravergine, sale e pepe, poi, per la battuta di scottona firmata Maxelâ, insegna genovese che ha recentemente inaugurato un nuovo spazio risto-macelleria in via della Moscova (l'altro locale meneghino è in via Villoresi). Un luogo insolito, dove la carne è protagonista, in bella vista nel grande banco refrigerato. Della serie, si sceglie il taglio e lo si fa cucinare nei diversi modi contemplati dal menu. Oppure, perché no, si sta sempre sul crudo e si opta per la tartare “ricca”, con salsa rubra, salsa verde, senape, Worcester, tabasco, extravergine, sale e pepe.
ALTERNATIVA– E se si desiderasse una tartara di cavallo (e non a cavallo!)? L'indirizzo consigliato sarebbe quello del Sanvittore, dove la pregiata crudité equina (ma in carta c'è anche quella di angus argentino) viene presentata con corredo-girotondo di ben tredici condimenti. Invece, se si preferisse la selvaggina, bisognerebbe andare in quel di Melegnano, all'Osteria del Portone, dove lo chef Valerio Franchi realizza una sferica tartare di cervo, arricchendola con una citronette alle erbe e posandola su un letto di mela grigliata e caramello.
ESTROSA – E se sulla tartare l'uovo si facesse quadrato? Stareste assaggiando la creazione del giovane chef Lorenzo Santi de La maniera di Carlo: tartare di fassone piemontese (della nota macelleria cremonese Cazzamali), punte di asparagi saltati, uovo al burro di cacao (cotto in uno stampo quadrato) e crostini alle erbe. Per un geometrico gioco di forme e colori, di tondo e di quadrato.
ITTICA – E l'avocado ritorna. Questa volta unendosi al tonno, per una tartare di pesce dalle nuance marine e fruttate; quella dello chef Nicola Colella de Il Mosto Selvatico. Una delizia dai sapori puliti e dalle tonalità intense (su piatto candido), da provare in abbinamento a uno degli ottimi vini in carta. Tonno, pomodorini, capperi, olive, cipollotto e alicette marinate, infine, per l'ittica e verace preparazione della Trattoria Siciliana da Salvatore, dove tutto somiglia alla bella Trinacria. Due ritratti in bianco, rosso e verde. Per tartare da Mondiale.