9th

Ottobre

In Langa, nel regno di Ugo Alciati

I tartufi bianchi non possono essere coltivati”, ci spiega Ugo Alciati, patron di Guido Ristorante di Serralunga d’Alba, “bisogna intervenire sul terreno, perché il fungo vive in simbiosi con le radici della pianta, proprio come il trifulau e il suo cane da tartufo, che sono inseparabili”. Cresciuto e radicato tra Langhe-Roero e Monferrato, già Patrimonio dall’UNESCO, Alciati è il Cicerone perfetto per scoprire questo angolo di Piemonte segnato dal corso del Tanaro, plasmato da morbide colline ricoperte da filari ordinati di vigne di Nebbiolo e soprattutto leggendario per i suoi tartufi. Nota per i suoi prodotti eccellenti, i sapori unici e i saperi antichi è una terra feconda anche di talenti e letterati, da scrittori come Cesare Pavese e Beppe Fenoglio, a personalità legate all’eccellenza come Giacomo Morra, il Re del Tartufo, Carlo Petrini e Luigi Veronelli.

Un ritratto di Ugo Alciati

Un ritratto di Ugo Alciati

NEL SEGNO DEL PADRE

Classe 1967, astigiano, Ugo è un “predestinato”. Figlio di Lidia e Guido Alciati, patron del famoso ristorante una stella Michelin aperto nel 1960 a Costigliole d’Asti, è l’erede, insieme ai fratelli Piero e Andrea, di una famiglia che ha scritto la storia della gastronomia piemontese. Una formula, quella degli Alciati, innovativa per l’epoca. Il ristorante era aperto solo su prenotazione, solo la sera, il menu degustazione (fisso), stagionale, proponeva il meglio del mercato, senza sprechi, selezionato la mattina stessa da Lidia e Guido.

Già a 9 anni Ugo si divertiva in cucina, dove poi a 15 anni ha iniziato a lavorare. Il suo percorso è segnato dall’incontro con Carlin Petrini, la collaborazione con Slow Food e l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, dove insegna al Master di Cucina. Ambassador di Expo 2015, è anche executive chef di Eataly. “Dopo tanti anni, io cucino e spadello ancora, tutti i giorni, perché mi piace davvero”. E il risultato si vede.

Incentrata su primizie regionali (il 95% degli ingredienti è piemontese), la sua cucina è “Indissolubilmente e inevitabilmente legata alla mia terra, Langhe e il Monferrato”, è tradizione in evoluzione rispetto a tecniche e idee e si avvale della tecnologia per la conservazione e la lavorazione dei prodotti. Nelle mani di Ugo la ricetta antica viene reinventata, si veste di un abito originale. Ecco allora in carta piatti a base di prodotti tipici regionali, come il Riso Carnaroli con ricotta piemontese e acciughe o i Cardi gobbi di Nizza Monferrato, pere e acciughe, ma presentati in abbinamenti inediti. E ancora, il vitello tonnato, in menu da 35 anni, oggi proposto tagliato al coltello, a fette irregolari, più spesse.

Una sala di Guido Ristorante, a Fontanafredda

Una sala di Guido Ristorante, a Fontanafredda

TRADIZIONE, TERRITORIO E INNOVAZIONE

Tradizione, territorio e innovazione, sono la ricetta vincente dello chef. Essenzialità, raffinatezza, passione, precisione, la sua cifra stilistica. “Ho fatto del piatto il mio linguaggio: mi piace convincere per la semplicità con cui lo preparo, mi piace tradurre la complessità in leggerezza”. La verità è che ad Alciati cucinare viene naturale. Ci mette cuore e attenzione. Il suo approccio è genuino, vero, autentico. Ecco perché da Guido Ristorante ci si sente come a casa, nonostante ci si trovi in una residenza dei Savoia. “Vogliamo che i nostri clienti si sentano ospiti a casa di amici e non clienti di un ristorante”.

Menù di stagione, carta essenziale, altissima qualità delle materie prime e valorizzazione delle eccellenze del territorio. Sono i valori di una lezione appresa, fatta propria e sublimata da Alciati, che approda nell’enorme tenuta di Fontanafredda il 7 gennaio 2013, per forgiarsi a chef-imprenditore, a capo di una brigata di 30 persone, affiancato dal fratello Piero, enologo e maître di sala. Il ristorante (una stella Michelin, 2 forchette del Gambero Rosso e 2 cappelli della Guida Espresso, ndr) è al primo piano dell’ottocentesca Villa Contessa Rosa, ex riserva di caccia di re Vittorio Emanuele II e di Rosa Vercellana, la bela rosin, poi sua moglie. In totale, 80 coperti divisi nelle sale da pranzo del re d’Italia e nel salone delle feste, con splendidi pavimenti in cotto e soffitti affrescati.

IL TERRITORIO NEL PIATTO

Al piano terra, la Cucina di Lidia, con cantina a vista, è l’“anima del ristorante”, spiega lo chef. Il tour delle Langhe comincia proprio a questa tavola e, in un certo senso, si conclude senza uscire dai “confini” della proprietà. È tutto racchiuso qui, nella riserva bio-naturale di Fontanafredda: vini eccelsi, prodotti eccellenti e la sapienza antica di chi la storia della ristorazione da queste parti l’ha inventata. A regola d’arte. Dal ristorante il giro con lo chef continua nell’orto e nel giardino che si aprono intorno a Villa Reale, fino a ridosso dei vigneti coltivati a Nebbiolo, Barbera, dolcetto e moscato, sulle colline sinuose.

Sono considerate tra le 100 più suggestive al mondo le cantine ottocentesche, con le alte volte in mattoni, le botti in rovere e i tini d’acciaio, destinate all’affinamento dei nobili rossi. A pochi passi, si fa tappa nell’Osteria Disguido, con una ristorazione semplice e informale, a base di carni della Granda, salumi di Massimo Pezzani, formaggi selezionati da Fiorenzo Giolito, l’olio taggiasco Roi, le paste di Gragnano del pastificio Afeltra e il pane cotto nel formo a legna di Eataly. È parte integrante della Fondazione Mirafiore, che include la Bottega del Vino; la Libreria; il Teatro, un anfiteatro per lezioni e incontri. Non lontano ci si perde nel silenzio del Bosco dei Pensieri; tra questo e il lago dei cigni, si apre il Garden del Lago, un padiglione in stile Liberty in ferro e vetro, che può ospitare fino a 240 persone.

La Cucina di Lidia, al piano terra del ristorante

La Cucina di Lidia, al piano terra del ristorante

NEL RISPETTO DELLA TERRA E DEI PRODUTTORI

Capire la natura degli ingredienti, rispettare la fatica di chi li produce, imparare dalla propria terra, fare attenzione allo spreco. Alciati ha le idee chiare. “Con la mia brigata lavoro sempre nel rispetto dei piccoli fornitori. Noi chef abbiamo una responsabilità verso il nostro territorio, dobbiamo sostenere i produttori eroici, eredi di un sapere che altrimenti scomparirebbe”. Ed è stato creato con spirito di “responsabilità sociale” il piatto che più lo rappresenta: il gelato al fiordilatte mantecato al momento, fatto con il latte di mucca bianca piemontese presidio Slow Food dei piccoli allevatori dei pascoli alpini dell’Alta Valle di Stura. Il legame tra la famiglia Alciati e i fornitori locali ha una storia che dura da 56 anni: “Mio padre era un grande appassionato di vini, per esempio, passava le notti dai produttori di

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