Incontro con Matias Perdomo, Miglior chef d’Italia per la Guida ai ristoranti di Identità Golose, oggi a capo di Contraste, insegna stellata di via Meda a Milano
Guardarsi in uno specchio per ritrovarsi riflessi. Assecondando i propri gusti e desiderata in tema di cibo. È l’invito che rende unico Riflesso, il menu degustazione di Contraste, ristorante una stella Michelin di via Meda: esorta a vivere un’esperienza di gusto che asseconda le preferenze di ciascuno, in un ambiente raffinato ma conviviale, dove si diventa naturali “anfitrioni”, veri e propri padroni di casa, che a loro volta intrattengono i convitati.
A guidarlo è Matias Perdomo, uno dei più talentuosi chef che oggi vanti Milano. Uruguaiano, o meglio uruguayo, condivide quest’avventura con gli amici di sempre e storici collaboratori, l’argentino Simon Press, pastry chef e Thomas Piras, il maître. La sua cucina? Spicca per la resa estetica ricercata, focalizzata sull’esaltazione dell’aroma, è una sintesi ormai perfetta di estro, tecnica e sublimazione del prodotto. Di recente incoronato Miglior chef d’Italia per la Guida ai ristoranti di Identità Golose, è stato anche tra i protagonisti della prima serata aperta al pubblico di Identità Golose Milano, dedicata al Mondo in Italia, con gli chef stranieri che hanno scelto il Bel Paese come patria adottiva.
Perché hai scelto Milano?
“Ho cominciato a cucinare a 14 anni, dopo varie esperienze all’estero (tra cui uno stage dai fratelli Roca, ndr), sono arrivato qui, dove con i miei piatti ho dato forma alla mia creatività e alla mia cucina (al Pont de Ferr, dove è arrivata la stella, ndr). Per me Italia significa evoluzione e tradizione, significa la forza del passato e la spinta verso il futuro e più passa il tempo, più mi convinco che Milano rispecchia benissimo questo modello. E così, i due anni che dovevo trascorrere qui sono diventati 18, più di quelli che ho vissuto in Uruguay”.
Internazionale, viva, avanguardista. Milano è ben rappresentata da Identità Golose Milano, il nuovo spazio che interpreta bene l’internazionalità di questa città?
“È uno spazio nuovo, interattivo, che rappresenta bene l’evoluzione della gastronomia in una città che è sempre al passo coi tempi. Identità Golose anno dopo anno riesce sempre a stupirci con grandi novità, lo stesso fa questa città, che ci riserva sempre delle belle sorprese. Sì, la cucina italiana può ancora stupire e ha tanto da esprimere senza guardare all’innovazione, la cultura rappresenta infatti la ‘profondità’ della cucina italiana”.
Come definisci la tua cucina?
“Senza frontiere. È una cucina italiana per quanto riguarda la scelta delle materie prime, ma è anche frutto di una profonda riflessione sulla tradizione, soprattutto perché c’è un forte legame con la tradizione culinaria uruguaiana, argentina, ispanica. E poi è una cucina ‘divertente’, che vuole far parlare il piatto e lasciare che sia il cliente a dialogare con il piatto, io in sala non esco nemmeno, perché non voglio rubare la scena ai nostri ospiti e alla loro esperienza. Quando abbiamo aperto Contraste, abbiamo da subito condiviso l’idea di un ristorante creato per far star bene i commensali”.
È per questo che il menù è costruito su misura sul cliente?
“Esatto. Non esiste il menu, i piatti vengono studiati di volta in volta sull’ospite. La prenotazione viene fatta online, poi i clienti vengono ricontattati per sapere quali sono le preferenze e sulle informazioni che raccogliamo costruiamo un menu degustazione, il menu Riflesso (7 passaggi a 100 euro; una dozzina di portate, più amuse-bouche e dessert, da 140 euro, per 140 minuti) con la possibilità di scegliere tra due percorsi diversi per il vino. La carta vanta 1.300 etichette nazionali e internazionali, predilige i piccoli produttori, soprattutto italiani, è frutto di un’attenta selezione”.
Ci sono piatti che non mancano mai nella proposta?
“Sì, ci sono piatti che non hanno stagione, altri invece sono rigorosamente legati alla stagionalità dei prodotti. È un piatto sempre presente il Cozze cacio e pepe e salicornia: che mixa due classici della tradizione italiana, la cacio e pepe e l’impepata di cozze, il tutto è avvolto da una nuvola di pepe verde, crema di pecorino e granita di salicornia. Idem il Rognone di coniglio, a base di crema d’anguilla affumicata e sorbetto di aceto, un piatto sofisticato che avvolge il palato.”
L’elemento sorpresa non manca mai nei tuoi piatti, vero?
“L’elemento sorpresa deve esserci sempre in bocca, ma è già presente nella presentazione del piatto e gioca molto sulle differenti consistenze. E poi non diamo niente per scontato, anche una ricetta semplice come la pasta al pomodoro (appena presentata alla 20esima edizione di Gastronomika, lo storico congresso che si è chiuso ieri a San Sebastian, ndr) può essere molto strutturata in realtà e può tornare sotto forme diverse, inaspettatamente”.
L’esperienza in un ristorante di fine dining è sempre un ‘viaggio’.
“Da Contraste quello che si fa è prima di tutto un viaggio ‘conviviale’, dove i clienti diventano anfitrioni, i veri padroni di casa che per primi rompono il ghiaccio e contribuiscono a creare un’atmosfera piacevole e informale. Tutt’intorno, fanno da cornice gli spazi che abbiamo studiato insieme agli amici artisti Alessandro Cifo e Alessandro Gusci, Matteo Pugliese e ruota il servizio di sala, dai tempi perfettamente scanditi da Thomas Piras”.
Il viaggio come conoscenza di altre culture culinarie torna nelle tue ricette?
“Trascorro tanto tempo in cucina, però ‘viaggio’ tanto, anche solo con il pensiero e in Italia più che all’estero. Sono spesso in Toscana, Liguria, Sicilia, Sardegna, regioni dove riesco a cogliere appieno l’eredità gastronomica che caratterizza questo Paese. Credo che per essere creativi oggi non sia necessario mischiare diverse culture, preferisco valorizzare l’identità di una cucina, per riconoscere perfettamente gli ingredienti”.
Ingredienti, ma non solo. La tua cucina è anche leggerezza e sogno.
“Cucinare deve essere anche divertente, io per esempio propongo un dessert che si chiama Pulp Fiction a base di cocco, proiettili di cioccolato, quenelle di fiordilatte, sangue di barbabietola. Ogni piatto racconta una storia, un film, un pensiero. Al centro di tutto resta però sempre il sapore, la creatività non basta”.
Quanto ci vuole in media per realizzare un piatto?
“Come sostiene un mio amico artista, non si può quantificare, perché alla fine è l’evoluzione di tutta la tua esperienza, quando gli ho chiesto quanto tempo ci mette per realizzare un vaso, mi ha risposto 25 anni, ossia il frutto di tutte le tecniche che ha applicato nel tempo”.
È vero che alcune tue ricette derivano da tuoi sogni, tue ‘visioni’ notturne?
“È vero che tengo sempre un quaderno di appunti vicino al letto, perché quando mi rilasso mi vengono le idee, poi però c’è sempre il confronto con la grande squadra con cui lavoro e lo studio quotidiano su quello che vogliamo portare in tavola”. E allora lì inizia un altro sogno, il vostro.
Per informazioni: www.contrastemilano.it
Scopri anche:
Da Ada e Augusto, per un viaggio Italia-Giappone andata e ritorno con Takeshi Iwai
Guida Michelin 2019: Enrico Bartolini è lo chef più stellato d’Italia