A Identità di Cocktail (Identità Golose) bartender e chef si sono alternati al bancone parlando di pairing, ricette e innovative tecniche di preparazione
C’era una volta il cocktail. Classico e da consumare possibilmente al calare della sera o subito dopo cena. Oggi il drink miscelato ha scoperto nuovi territori, creando alleanze e sodalizi con altri ambiti. Il food pairing che sposa cibo e cocktail sta prendendo sempre più forma.
Da noi, in Italia, siamo ancora in una fase sperimentale, ma si intravedono i primi segnali significativi. Dietro questa evoluzione del drink si cela il fattore umano, l’intuito di chi sta dietro al bancone o dirige in cucina le operazioni ai fornelli, che porta a realizzare abbinamenti innovativi tra quello che si beve e ciò che si mangia.
Identità di Cocktail, una delle manifestazioni andate in scena durante la tre giorni di Identità Golose, ha chiamato a raccolta gli artefici di questi cambiamenti che stanno caratterizzando la mixability. Bartender e chef, ma anche formatori professionali e studiosi dell’alimentazione, si sono alternati al bancone, proponendo un tema specifico. Noi di Milanodabere.it eravamo presenti a ognuno di questi incontri. Ecco quali sono stati, a nostro parere, gli spunti emersi e che riteniamo più interessanti.
Guglielmo Miriello, attuale barman del Ceresio 7, ha ingolosito i presenti spiegando e dimostrando come un cocktail può trasformarsi in dessert. Il tutto si è concretizzato nella preparazione di un Margarita Merengue con americano bianco, tequila, limoncello, succo di lime, meringhe, con un topo finale di scorze di bergamotto candite e macerate sottovuoto.
Dolci drink, ma anche a base di caffè. Ingrediente quest’ultimo diventato di moda tra i mixologist, dando luogo a un neologismo, Coffetail, che identifica l’unione tra chicco e shaker. Protagonista per l’occasione Lavazza a Identità di Cocktail rappresentata da Fabio Sipione del Training Center del torrefattore torinese, che nel suo intervento ha voluto mostrare come il caffè possa in effetti cambiare pelle a drink consolidati, senza intaccarne la qualità del sapore finale. È stato il caso dello spritz che Sipione ha preparato sostituendo la parte di Prosecco con, appunto, del cold brew estratto a freddo dopo 12 ore.
A sua volta, Dennis Zoppi, noto bartender cremonese, ha tenuto alta l’attenzione dei presenti ribadendo un concetto spesso dimenticato: la preparazione di un cocktail non deve spaventare a priori, con un minimo d impegno lo si può preparare anche tra le mura domestiche. ‘’I drink che preparo e che hanno il caffè tra gli ingredienti di base, sono facili da realizzare anche a casa. Fidatevi, stupirete i vostri amici’’, ha proclamato Zoppi che, dunque, munito di una caffettiera moka, ne ha ricoperto il filtro dosatore con polvere di caffè, riempito il bollitore con 20 ml di acqua, introducendo nel bricco superiore 20 ml di Ratafia (liquore dolce) e avvolgendo il filtro con una scorza di limone. È poi bastato portare a ebollizione la caffettiera e servire il liquido caldo versandolo in una tazzina o, in alternativa, raffreddato in un bicchiere con cubetti di ghiaccio.
Spazio poi a un altro prodotto alcolico oggi molto di tendenza. Dall’Asia ecco il sake. A parlarne e spiegarne l’evoluzione di consumo è stato Fabio Caltagirone, ideatore del Milano Sake Festival, che ha raccontato la storia di questo spirit e sostenuto che l’abbinamento ideale non debba essere solo relegato al mondo sushi e sashimi, ma aprirsi anche a piatti classici della cucina italiana. Per esempio, un bicchiere di sake ha la capacità organolettica di compiacere il palato quando accompagna una saporita frittura di pesce. Dove trovare il migliore sake a Milano? È Caltagirone stesso a consigliare tre posti: ‘’I locali che prediligo in città sono il Sakeya (Via Cesare da Sesto, 1), Saketeka Go (Viale Piave, 5) e il Kanpai (Via Melzo, 12)’’.
Aggiungi un posto a tavola. La ristorazione ha un debole per il cocktail. A Identità di Cocktail, quindi, chef e bartender hanno unito le forze. Lo stellato Moreno Cedroni affiancato da uno dei guru storici della miscelazione italiana, vale a dire Dom Costa, hanno osannato l’abbinamento drink and food, ma avvertendo di muoversi sempre con estrema cautela, seguendo un approccio scientifico che ha un margine di errore molto basso.
‘’Ci deve essere un perfetto equilibrio tra i sapori del cocktail e quelli del ricetta contenuta nel piatto, gli uni non devono prevalere e offuscare il gusto degli altri, ma risultare sempre reciprocamente complementari, altrimenti il sodalizio non è un valore aggiunto bensì un danno’’, il monito di Cedroni. ‘’Per evitare di incappare in grossolani errori“, ha ribadito Dom Costa, “il bartender che si cimenta in queste operazioni deve dimostrare di conoscere le basi portanti della mixability. Se manca la preparazione accademica, meglio allora lasciare perdere ed evitare di avventurarsi in certi territorio’’.
Durante la sua performance, quindi, il barman ligure ha fatto ricorso a tequila, sciroppo di agave e succo di lime, per un cocktail idealmente pensato in accompagnamento alla cucchiaiata, a sua volta, cucinata dallo chef del ristorante La Madonnina del Pescatore di Senigallia, che alla ricciola ha aggiunto lemongrass, porro, succo di lime, viola e amaranto croccante.