Monsieur Paul se n’è andato. Un altro gigante dell’alta cucina ci lascia, appena poche settimane dopo l’addio a Gualtiero Marchesi, con il quale condivideva il ruolo di mentore di grandi talenti. Ducasse, Robuchon, Savoy: Paul Bocuse ha aperto la strada a molti grandi chef, formato generazioni di cuochi francesi e ispirato colleghi di ogni dove. Si è spento oggi, a 91 anni, a Collonges-au-Mont-d’Or, vicino a Lione, proprio dov’era nato l’11 febbraio del 1926.
Tra i promotori della Nouvelle Cuisine, ha firmato il manifesto nel 1970 insieme ad altri 14 chef, mentre nel 1987 ha fondato il Bocuse d’Or, concorso di cucina internazionale tra i più prestigiosi al mondo. Patron di 9 ristoranti tra Lione e dintorni, ha seguito innumerevoli progetti in Giappone, Stati Uniti e Svizzera. Nel 2004, inoltre, ha dato vita alla Fondazione Paul Bocuse, il suo progetto di formazione per giovani promesse.
UN PREDESTINATO
Figlio di cuochi, Georges Bocuse e Irma Roulier, lavora all’Auberge du Pont de Collognes fino a 20 anni, per poi uscire dalla cucina di famiglia: si forma prima da Claude Maret, poi da La Mère Brazier, madre della cucina moderna francese, nonché prima esastellata del mondo, e poi al ristorante La Pyramide di Fernand Point a Vienna. È lui il suo pigmalione, gli insegna il rigore, l’attenzione al dettaglio, l’importanza dei gesti in cucina.
Lavora da Lucas Carton e da Lapérouse a Parigi, prima di ritornare definitivamente all’Auberge: nel 1958 arriva la prima stella Michelin, la terza nel 1965, che ha mantenuto per oltre 50 anni consecutivi. In questo periodo lo incontrano e ne rimangono folgorati Gault et Millau, teorici e fondatori della Nouvelle Cuisine, che lo nominano “Cuoco del Secolo”. Un titolo bissato 22 anni dopo al prestigioso Culinary Institute of America. Nel 1975 gli viene conferita la Croce della Legion d’onore della Repubblica francese.
CHEF RIVOLUZIONARIO E FEDELE A SE STESSO
“Ci ha fatto uscire dalle cucine”, ripete sempre il suo allievo Alain Ducasse. Così Bocuse ha segnato il cambiamento dello status del cuoco, che diventava chef proprietario, non più in secondo piano rispetto a patron e direttori di sala. Rivisitando le specialità regionali, promuovendo una cucina alleggerita e stagionale, aveva anche segnato il successo della Nouvelle Cuisine.
La sua era cuisine du marché, una cucina di mercato. E proprio così, La cucina del mercato, aveva intitolato il suo libro più importante, la “bibbia” gastronomica per eccellenza uscito nel 1976 per Flammarion che recitava: “Tutte le mattine, è una tradizione lionese alla quale sarebbe molto difficile rinunciare, vado al mercato e mi aggiro a lungo fra i banchi…A volte non ho idea di quali piatti cucinerò per il pranzo di mezzogiorno: decide il mercato. Ed è questo, penso, che fa buona cucina”.
E poi c’è il suo stile, “immutabile”, come l’ha definito il critico Par Thibaut Danancher, “un matrimonio perfetto tra panna, burro e vino”. Allergico alle mode, intollerante al vegetarianesimo e alla cucina molecolare, Bocuse è stato sempre fedele alla sua filosofia: “Per me non esiste che una sola cucina: quella buona”.
Indimenticabili i suoi piatti simbolo: Soupe aux truffes noires VGE 1975 (dedicata nel 1975 al presidente Giscard d’Estaing); Anatra con foie gras e pistacchio, Fricassea di pollo di Bresse con panna e spugnole, Foie gras d’anatra in gelatina di Porto alla maniera di Antoine Carême, Insalata di astici del Maine alla francese, Filetto di sogliola con spaghetti alla Fernand Point, Triglia con scaglie di patate croccanti, Torta del presidente Maurice Bernachon, per citarne alcuni.
Ricette che richiamano l’alta cucina francese delle origini, che raccontano di un Paese, la Francia, a cui era legatissimo. “Il nostro paese è in un enorme acquario delimitato da Mar Mediterraneo e Oceano Atlantico, con una gigantesca fattoria di pollame di Bresse, razze bovine Charolais. Da nord a sud abbiamo frutteti infiniti, un terroir ineguagliabile e nei vigneti c’è il migliore dei nostri ambasciatori. Nessun altro paese vanta queste fortune”, diceva.