SPAZI SCENICI E MENTALI – A introdurci nella casa di New Orleans è il medico – nell'opera originale una figura quasi di servizio che interviene solo alla fine – che qui diviene narratore e presenza costante fin dalla prima battuta. Perché tutto, in questa rilettura, ha origine proprio dall'epilogo e si svolge poi a ritroso su un altro piano rispetto alla realtà: la dimensione mentale di Blanche, che diventa spazio scenico, il vero luogo dell'azione. Da questo presupposto nasce ogni scelta, da quelle registiche (l'avvicendarsi di luce insopportabile e buio, rumori assordanti, ritmi serrati e improvvise sospensioni) fino a quella degli stessi protagonisti, a tratti lontani dalle figure descritte nel testo di Tennessee Williams e nel film di Elia Kazan.
NEL CUORE DELLA FOLLIA – Così, attraverso gli occhi di Blanche, si scopre una Stella sorprendentemente lasciva, spregiudicata e quasi più folle di sua sorella e un Mitch, l'uomo che fa la corte alla protagonista, decisamente più sensuale della versione goffa e impacciata che tutti ricordiamo. Il dramma si costruisce in un crescendo ben calibrato, che prende lo spettatore per mano, lo conduce nel cuore della follia della protagonista e poi lo abbandona lì, a saltare al centro del palco insieme a lei mentre la pazzia la invade sulle note dei System of a Down.