Prendere la Teoria dei giochi di John Nash, matematico premio Nobel per questo studio secondo cui in situazioni di conflitto tra due o più individui, ognuno è vincolato dalle scelte degli altri. Ambientare la tesi in una cucina anni Cinquanta, cucirla addosso a una coppia in crisi e vedere di nascosto l'effetto che fa. Questa, in sintesi, la linea guida di Siamosolonoi, scritto così, tutto attaccato, lo spettacolo con Michele Riondino in scena al Teatro Franco Parenti di Milano fino al 7 aprile. Una vera e propria seduta psicoanalitica di un'ora.
Siamosolonoi è il nome del pesce rosso che Ada regala a Savino, un pesce intrappolato in quell'enorme boccia di vetro costantemente al centro della scena. Monotono, noioso, in gabbia, nulla di più rappresentativo. Le battute si ripetono di continuo, per cena c'è sempre e solo del tonno in scatola e c'è sempre quella cucina da cui non si esce mai. I protagonisti, prima bambini, poi adulti, stanno per lasciarsi ma senza riuscirci perché ormai intrappolati. Il mondo esterno prova a entrare in quella stanza, magari dal frigorifero o dalla credenza, da cui vengono fuori, proprio fisicamente, piogge, deserti, persino una balena, ma poi lo sportello si riapre e dentro c'è di nuovo la solita biscottiera di sempre. La metafora quotidiana della vita di coppia ha addirittura dei risvolti dark, quasi splatter. I colori pastello della scenografia invece sanno di marshmallows e marzapane. Tutto però è destinato a diventare ruggine, come quando passa il tempo e non si fa niente.
Toccante, dal punto di vista musicale, il gran finale con la vena nostalgica diRunaway degli Yeah Yeah Yeahs. Infine, un motivo su tutti per vedere lo spettacolo, il talentuoso Michele Riondino. Dalla fiction al cinema, in mezzo a tutti i nostri giovani artisti di oggi, ora a teatro con Siamosolonoi Riondino dimostra davvero che Cèsololui.