PASTICCINO ED ESTRAGONE – Cosa succede se nel retrobottega di una pasticceria s’incontrano Frank Zappa e l’arcigno Samuel Beckett? Potrebbe essere questa la domanda che ha dato il là allo spettacolo Pasticceri : io e mio fratello Roberto di scena al Teatro Litta fino al 31 dicembre. Se la nostra speculazione è esatta a porsela sono stati circa un paio d’anni or sono Roberto Abbiati e Leonardo Capuano, dopo essersi conosciuti a Castiglioncello ed aver scoperto che entrambi esibivano nelle rispettive camere, abbinato al poster dell’immancabile Buster Keaton, quello di Paco Torreblanca (gran visir della pasticceria contemporanea). Certo, forse la ricostruzione dell’incontro non è filologica, ma precisa è l’intenzione di fondere le due ritualità di cui Abbiati e Capuano sono padroni, in un gioco che ha ben miscelato ironia e destrezza.
ROCK AND (MOZART) BALLS – Una diade di riferimenti strampalata e felice,che tenuta insieme da un filo di cioccolata in una drammaturgia-collage, va di pari passo con quella costruita sui personaggi: due fratelli, pasticceri d’antica scuola che, come nella ricetta di certe vecchie commedie, è obbligatoriamente antitetica. Un’anititesi che non monta mai in un’opposizione ma tende piuttosto a sciogliersi nella concreta sintesi dei dolci che lentamente si formano tra le loro mani, fino a creare una vera e propria drammaturgia parallela, fatta di meringhe, torte russe, profiteroles e lussureggianti bavaresi. Se ancora mancasse un pò di zucchero all’impasto, a rendere dolce la serata sono i balletti di matrice rigorosamente rock, molta poesia e lo Shakespeare delle serate minori, preso di sbieco ed intento a smozzicare profiteroles “vestiti come la notte”.
UNA CARAMELLA DI DONNA – O meglio, che ne porta il nome: Rossana.
Amata da entrambi, diviene la Godot centro di un’attesa per una volta leggera e produttiva: e più si discela il gioco della macrocitazione Beckettiana, minore diviene l’interesse dei due per le delizie culinarie. Consapevolmente scivolati dentro una lunghissima notte, consacrata da un orologio che non lascia mai le quattro del mattino, la dolcezza non è più una questione culinaria, ma una necessità da raggiungere indifferentemente dal mezzo: un sonetto come un bignè. Il tutto in nome di questa caramella rubata a Rostand.
E per uno spettacolo da guida Michelin.
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