I Negrita a Sanremo festeggiano 25 anni di carriera con un brano tra i più chiacchierati del Festival. Pau: “Il nostro è un brano di speranza e di libertà”
I ragazzi stanno bene, in tutti i sensi: i Negrita a Sanremo festeggiano 25 anni di carriera con uno dei brani più chiacchierati, I ragazzi stanno bene, appunto. “Nessun riferimento politico, è il brano giusto al momento giusto” raccontano Paolo “Pau” Bruni e soci. Per la rock band che ha fatto la storia della musica italiana è la seconda partecipazione sul palco dell’Ariston e, nella serata dei duetti, coinvolgono Enrico Ruggeri e Roy Paci. I ragazzi stanno bene 1994-2019 è a loro raccolta – con tre inediti – per celebrare queste nozze d’argento. Di cui abbiamo parlato insieme a Pau.
Venticinque anni di Negrita e non sentirli. Un consiglio a chi vuole fare la vostra stessa carriera?
È una vita di sacrifici e di stenti. Ci vuole coraggio e tenacia, poi ricevi le soddisfazioni, che dopo tanti sacrifici sono le migliori che si possano ottenere.
Non c’è un consiglio da dare a chi vuole cominciare?
Smettete subito. L’hanno detto anche a noi quando abbiamo cominciato e siamo ancora qui dopo 25 anni, quindi il consiglio funziona.
Parliamo della carriera dei Negrita: come si fa a restare sempre così uniti in tutto questo tempo?
È stato difficile unire dei ‘scavezzacollo’ come noi. Mantenerli insieme per tutto questo tempo non è facile, siamo tanti galletti nello stesso pollaio. Una cosa a nostro favore è che abbiamo scelto di rimanere in provincia, dove siamo nati, fin da subito. Sentivamo che le nostre radici erano lì e avevano ragione di esistere solo nel nostro habitat, lontano dalla città. Questo, anche, è parte della nostra famiglia, difficile da mantenere unita, ma con dei legami invisibili. C’è una certa chimica che deve essere mantenuta ogni giorno.
Veniamo alle accuse rivolte alla vostra canzone. C’è chi parla di posizioni politiche.
No, non è una canzone politica. È un brano aperto, umano, di speranza. Sul tema della libertà e del non avere paura. Un brano che lascia, anche, la corsia preferenziale alle nuove generazioni. Spesso si fa un errore incredibile, quello di di etichettare i giovani e di metterli dentro a una casella, se l’avessero fatto con noi ci saremmo incazzati. Si parla dei giovani come di quelli che stanno ore davanti alla Playstation. I ragazzi che stanno bene sono invece quelli in grado di tracciare la strada al futuro di questa Italia quasi di serie b.
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