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Novembre

Sei Tedeschi a Milano

Transformazione, avete letto bene. E’ il tema intorno al quale verte una mostra (Trans-Form appunto) che, zitta zitta e silenziosa ha creato una sorta di progetto Erasmus tra Italia e Germania: 6 artisti per parte ospitati in spazi espositivi nelle due nazioni. A Milano il progetto va in scena allo Spazio Guicciardini, dove, al contrario di quanto accaduto alla Galleria BBK di Wurzburg (sulle rive del Meno) che la scorsa estate ospitò le opere di sei artisti italiani, si concede più visibilità ai tedeschi.

COLPI DI LUCE E FOGLIE DI CARTA – Nomi che suonano nuovi alle orecchie meneghine, ma veterani nel campo artistico. Come quello del bavarese Werne Kiesel, che interpreta la transformazione senza scegliere la forma, ma il colore, anzi, meno: la luce. Luce che colpisce gli oggetti, i paesaggi, i ricordi scolpendoli per trasformarli in esplosioni di gialli, verdi, azzurri, trascinati dall’io del pittore sulla tela. Più affezionata alla forma, intesa come materia che occupa uno spazio, quella delle sculture-installazioni, è Irmtraud Klug-Berninger. Affascinata dalla carta orientale, materiale leggero e al contempo resistente, l’artista tedesca incolla enormi fogli tra loro, per creare libri-creature che appaiono esattamente come la materia di cui sono composti: fragili e forti. Le opere della Klug-Berninger sono un invito ad andare oltre la superficie, a indagare le mille “sfaccettature” della realtà.

HOMO BUFFUS ET HOMO TORMENTATUS – Altro talento femminile alemanno è la giovane Kathrin Feser. La ragazza si diletta a creare per lo più piccoli quadri coloratissimi, i cui protagonisti sono figure dalle sembianze in qualche modo simili a certi fumetti. In realtà la Feser si ispira alla quotidianità di gesti e situazioni, osservati attraverso un filtro che permette di andare in profondità, come solo l’ironia sa fare. Infine, attira l’attenzione Roland Schaller. Al centro delle sue grafiche c’è l’uomo. Un uomo tormentato, privo di un’identità costante nel tempo e nello spazio, in costante trasformazione, appunto. Impossibile non riconscere nelle sue grafiche. In qualche modo il tocco di questo artista, ma anche la capacità introspettiva che dimostra, ricordano Hans Bellme, la cui opera si discosta assolutamente da quella di Schaller per i temi affrontati. L’arte fa incontrare personaggi distanti, anche questo è il suo potere.

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